Degenerazione maculare legata all’età. Esperti a confronto

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Roma, 8 luglio 2017 – La Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE o AMD) è una delle principali malattie cronico-degenerative nei soggetti con più di 55 anni. L’incidenza aumenta con l’aumentare dell’età, la patologia si presenta soprattutto dopo i 75 anni, rappresentando la prima causa di cecità nei Paesi di maggior benessere e la terza in assoluto. Secondo le stime dell’International Agency for the Prevention of Blindness (IAPB) il 5% della cecità mondiale è dovuto all’AMD, una percentuale che sale al 41% nei Paesi benestanti.

Si prevede che, nel 2020, circa 196 milioni di persone saranno colpite da Degenerazione maculare legata all’età, una cifra che probabilmente è destinata a crescere con l’invecchiamento demografico mondiale (soprattutto nei Paesi di maggior benessere).

Non sembra invece esserci una prevalenza di sesso anche se dopo i 75 anni prevale il sesso femminile, probabilmente dovuto a una maggiore sopravvivenza delle donne in questa fascia di età.

È questo lo scenario epidemiologico nel cui quadro si è sviluppato il progetto “Value Blindness Care” nato per affrontare il problema della cecità evitabile e trovare vie innovative per governare al meglio i servizi sanitari deputati alla gestione delle patologie che ne sono causa; forti sono le ricadute sulla vita di chi è affetto da problemi oculari cronico-degenerativi, sempre più evidente l’impatto sociale da prevenire e gestire per utilizzare al meglio le risorse disponibili ed evitare le diseguaglianze di accesso e presa in carico; il progetto è nato dall’opportunità e dalla necessità di consolidare la collaborazione tra ricercatori, manager, istituzioni, pazienti e aziende, mettendo al centro una patologia specifica – la Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE o AMD) – che, anche grazie alle possibilità terapeutiche “salva vista” ormai a disposizione, costituisce un buon banco di prova per aggiornare gli attuali modelli organizzativi sia in ambito di prevenzione che di cura.

I primi risultati del pilota di questo progetto sono presentati in occasione dell’incontro che si è svolto presso il Montecitorio Meeting Centre di Roma, promosso da VIHTALI, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, attivo nella ricerca applicata in campo di Value Based Health Care e Health Technology Assessment.

I primi risultati del progetto “Value Blindness Care”: troppa eterogeneità territoriale di presa in carico dei malati di DMLE possibile causa di diseguaglianze nelle terapie. Necessaria la creazione di reti integrate tra centri specialistici e territorio per assicurare continuità e qualità di cura.

L’osservazione dei risultati del pilota del progetto “Value Blindness Care”, realizzato attraverso lo studio dei database amministrativi regionali relativi alla popolazione trattata attraverso iniezioni intravitreali, offre un primo spaccato di real life dal quale emerge un quadro di sostanziale eterogeneità di presa in carico della popolazione affetta che, sebbene spiegata in parte dalla variazione dello spettro di patologia e dalla risposta individuale ai differenti possibili schemi di trattamento, in un contesto di generale aumento della domanda a invarianza/riduzione di risorse, evidenzia un rischio di un aumento delle variazioni ingiustificate e, in ultima istanza, delle diseguaglianze di salute.

Difatti, secondo Andrea Silenzi e Giovanna Elisa Calabrò, ricercatori di VIHTALI, “il modello assistenziale tradizionale basato su monadi assistenziali e sul riferimento disorganizzato al centro ultra specialistico non può più rappresentare una soluzione sufficiente così come emerge la necessità di sviluppare servizi a cavallo tra il mondo dell’assistenza sanitaria e della sfera di supporto psico-sociale per garantire la continuità di cura e scongiurare l’abbandono del percorso da parte del paziente”.

A integrazione dei dati sulla governance dell’assistenza, i dati di costo diretto e indiretto della patologia che causa in media ogni anno in Italia oltre 15.300 casi di ciechi civili dovuti a maculopatie, fanno registrare un peso complessivo a carico dell’INPS, tra pensioni e indennità, di ben 113 milioni di euro l’anno, come evidenziato da Francesco Saverio Mennini, del CEIS dell’Università di Roma “Tor Vergata” e coordinatore dell’Osservatorio italiano sui costi della Cecità Legale promosso da Novartis.

L’analisi del dato economico nazionale sui costi di previdenza e assistenza evidenzia, quindi, come sia necessario operare per diminuire la spesa per disabilità e trattamenti sanitari indiretti (traumatismi, malattie mentali, etc.) per recuperare margine da investire nella prevenzione e gestione ottimale dei servizi.

“Quando si parla di aspettativa di vita ormai non ci si riferisce in automatico soltanto alla durata della vita bensì anche e soprattutto alla durata della salute – ha detto nella sua lettura magistrale Sir Muir Gray, dell’Università di Oxford, tra i promotori negli anni ‘90 della nascita dell’Evidence Based Medicine e oggi ideatore della via europea alla Value Based Medicine – La degenerazione maculare legata all’età è una condizione invalidante per la popolazione anziana, i rischi associati sono molteplici e condizioni quali la depressione e il rischio di cadute, fratture e traumatismi aumentano esponenzialmente. La disponibilità di farmaci ‘salva-vista’ deve andare di pari passo con una corretta governance dei servizi che inizi dall’identificazione precoce dei casi nella popolazione suscettibile e dall’emersione di percorsi facilitati di gestione e continuità terapeutica comprensibili per il paziente”.

L’evento scientifico è stato introdotto e moderato da Carlo Favaretti, Coordinatore Scientifico del progetto, e ha visto la partecipazione di Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e Stefano Vella, Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco.

“È centrale migliorare la qualità assistenziale e la qualità percepita dal paziente affetto da cecità evitabile attraverso il perfezionamento del percorso diagnostico terapeutico assistenziale che ha nei Centri Retina delle Cliniche oftalmologiche dei nodi fondamentali, ma che deve anche potersi sviluppare attraverso reti e percorsi chiari e definiti, monitorati secondo i dettami della Value Based Health Care (valutazione continua dei risultati di salute in rapporto alle risorse investite) e gestiti in un’ottica di popolazione (ovvero prevenendo tutti i casi che lo studio del dato epidemiologico e dei flussi di informazione provenienti dai dataset clinico-amministrativi permette di individuare e predire)”, ha affermato Walter Ricciardi.

L’importanza e l’efficacia dei farmaci ‘salva-vista’, ma notevoli margini di miglioramento di un’assistenza sanitaria ancora troppo a macchia di leopardo.

Secondo i ricercatori di VIHTALI, che hanno analizzato le principali esperienze nazionali di gestione della patologia comparandone i risultati con i dati provenienti dallo studio della letteratura nazionale e internazionale, il percorso di presa in carico dei pazienti affetti da maculopatia degenerativa presenta ampi margini di miglioramento in quanto alla presenza ormai consolidata di presidi terapeutici ‘salva-vista’ e all’evoluzione delle competenze della medicina oculistica fa da contraltare un’assistenza sanitaria a macchia di leopardo dove si sconta una limitazione strutturale nel processo di diagnosi precoce e individuazione dei pazienti affetti nonché una forte difficoltà nel garantire ai pazienti presi in carico la necessaria continuità di trattamento.

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