Cure dentali: costi elevati e paura del dolore. I consigli degli specialisti

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Reggio Emilia, 30 luglio 2018 – Sempre più italiani si rivolgono alle strutture private per le prestazioni mediche, con l’incasso dei ticket sanitari in calo del 13% negli ultimi quattro anni. Lo rivela l’analisi del Tribunale per i diritti del malato, basata sugli ultimi dati diffusi dalla Corte dei Conti.

Uno dei settori particolarmente toccato da questo trend è quello dentistico, ambito sanitario particolarmente delicato sia per i costi degli interventi che per la paura irrazionale che scatena in molti individui. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, ben il 20% delle persone soffre di odontofobia, ovvero la paura del dentista.

Le cinque grandi paure dal dentista:

  1. I costi degli interventi (risposta data dal 90% degli intervistati).
  2. Il dolore degli interventi (88%).
  3. Gli interventi sbagliati e i possibili danni permanenti (76%).
  4. Le sedute lunghe e ripetute nel tempo (62%).
  5. Dover implementare elementi artificiali in bocca, come apparecchi e impianti (57%).

Svariate le cause di questo fenomeno, come spiega la dott.ssa Federica Ferrante, psicologa del Centro Medico Lazzaro Spallanzani di Reggio Emilia: “Nella maggior parte dei casi, sono le esperienze negative del passato a causare l’insorgenza di una vera e propria fobia del dentista: i macchinari, gli ambulatori, la vista e i rumori di alcuni attrezzi, gli odori dei prodotti e degli ambienti odontoiatrici. A volte, la paura sproporzionata deriva soltanto da come una persona immagina la visita: è assai diffusa l’associazione “dentista – tortura” che genera, senza che mai sia stato verificato e confermato tale irrealistico collegamento, un rifiuto di recarsi a visita odontoiatrica. Indipendentemente dai singoli casi, l’andare dal dentista rappresenta, con minore o maggiore intensità, un’esperienza poco desiderabile a causa del fatto che esso opererà sulla nostra bocca, una parte importantissima del viso, con un immenso valore sociale”.

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Dott.ssa Federica Ferrante

Il sorriso, infatti, oltre ad essere un fattore dominante per l’estetica di una persona è uno dei primi segnali comunicativi che notiamo negli altri, e ci consente di modulare e orientare le relazioni sociali e di inviare messaggi su di noi, sul nostro modo di essere e su come vogliamo apparire.

“I sintomi ansiosi che accompagnano il quadro dell’odontofobia diventano talmente intensi a tal punto da indurre alcuni pazienti a rimandare ad oltranza le visite e ricorrere ad automedicazione, fino ad aggravare decisamente la salute della propria bocca”.

Vademecum per battere la paura del dentista
“Per affrontare queste paure – prosegue la dott.ssa Federica Ferrante – è possibile seguire alcuni accorgimenti:

  1. Innanzitutto individuare un professionista non soltanto affidandosi ai consigli degli altri;
  2. Visitare l’ambulatorio e conoscere di persona il medico con il quale concordare le modalità e i tempi dell’intervento;
  3. Recarsi alla visita con un po’ di anticipo consente di non trovarsi immediatamente sotto i ferri odontoiatrici, bensì di darsi un tempo per abituarsi all’ambiente, ai rumore e agli odori.
  4. Farsi accompagnare da una persona di riferimento in grado di trasmettere serenità e supporto durante l’intervento;
  5. Infine, complimentarsi con sé stessi quando si è usciti dall’ambulatorio per essere stati in grado di affrontare la paura, impendendo all’ansia di condizionare e limitare il nostro comportamento e le nostre scelte.

Dall’indagine condotta dal Centro Medico Lazzaro Spallanzani, quindi, è emerso come la paura principale di chi debba rivolgersi a un dentista sia il costo, timore espresso da circa il 90% dei pazienti intervistati. “Indubbiamente molti italiani fanno fatica ad affrontare le spese dentistiche – afferma la dott.ssa Francesca Ianni Lucio, responsabile del reparto di odontoiatria del Centro Medico Lazzaro Spallanzani di Reggio Emilia – fenomeno che ha spinto sempre più persone ad affidarsi al cosiddetto turismo dentale, ovvero l’organizzazione di viaggi presso località estere le cui cliniche offrono prestazioni a costi molto bassi, specialmente per ciò che riguarda l’ambito dell’implantologia”.

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Dott.ssa Francesca Ianni Lucio

Nonostante il trend dei viaggi della speranza per la cura dei denti sia in crescita in tutto il Mondo, molto spesso i pazienti si ritrovano a dover ritornare sotto i ferri in Italia per rimediare a interventi mal eseguiti in queste località, i cui risultati possono manifestarsi anche dopo qualche anno. Dunque, così come sono in crescita gli italiani che scelgono di operarsi all’estero, è analogamente in crescita il fenomeno del “reshoring sanitario” nel settore dentistico.

“Circa il 70% dei pazienti si rivolge alla nostra clinica dopo aver eseguito interventi o essersi rivolto a titolo informativo a strutture dell’Europa dell’Est – prosegue la dott.ssa Francesca Ianni Lucio – e capita spesso di dover concludere e correggere piani di implantologia iniziati all’estero e non conclusi per svariati motivi, soprattutto la scomodità dovuta alla distanza, la mancanza di fiducia e i preventivi modificati al rialzo durante il piano di cura”.

L’implantologia è proprio la branca più coinvolta in questo fenomeno, soprattutto considerando la delicatezza dell’intervento e la durata degli impianti: “L’evoluzione della tecnica e dei materiali nel campo dell’implantologia negli ultimi anni si è evoluto molto velocemente, ma nonostante ciò un piano di cura standard dura mediamente dai 3 ai 5 mesi, durante i quali sono previsti dai 5 agli 8 appuntamenti. Questo è uno dei motivi alla base per cui rivolgersi alle cliniche estere potrebbe essere un problema. Se eseguito secondo i nostri standard – continua la dott.ssa Ianni Lucio – l’intervento di inserimento degli impianti avviene in sedazione cosciente e dura all’incirca 30/40 minuti. Grazie alla terapia preventiva e post operatoria, i pazienti non avvertono né dolore né gonfiore nel 96% dei casi. Inoltre, l’intervento di inserimento dell’impianto è garantito per legge per 10 anni, elemento non riscontrabile negli interventi subiti all’estero”.

Quindi, parallelamente alle aziende che ritornano a investire in Italia dando vita al fenomeno del reshoring, sempre più persone decidono di ritornare a curarsi nelle strutture italiane.

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