Roma, 20 gennaio 2021 – C’è stato un momento in cui l’Italia è stata prima in Europa per numero di somministrazioni di vaccino anti Covid-19. Un orgoglio presto trasformato in un ricordo perché Pfizer, da venerdì scorso, ha annunciato ufficialmente ritardi nelle consegne e riduzioni nel numero di dosi sia per l’Italia che per altri Paesi europei. Problemi che sembrano già scombinare il piano vaccinale nazionale: ci sono Regioni che hanno terminato le dosi, altre che dovranno tardare il richiamo e soprattutto non è chiaro se ci saranno ulteriori ritardi. L’agenzia Dire ne ha parlato con Agostino Miozzo, a capo del Comitato Tecnico Scientifico, l’organo di consulenza e supporto del Governo nella gestione dell’emergenza Covid-19 in Italia
Dottor Miozzo, come coordinatore del CTS che orienta le decisioni della politica e che è sempre stato centrale nel processo di valutazione durante la pandemia, cosa sta succedendo?
“Lei correttamente parla di un CTS che orienta il governo sui temi relativi alla pandemia ma sulla questione vaccini debbo dirle che il Comitato non è stato coinvolto nel complesso esercizio di individuazione dei produttori, degli accordi per l’acquisizione dei vaccini e per la loro distribuzione in quella che sarà certamente la più grande campagna vaccinale della storia.
Il Comitato conosce il piano vaccinale perché ha chiesto al commissario Domenico Arcuri di venire a illustrarlo. Il 31 dicembre lo abbiamo audito e ci ha descritto il carico di vaccini previsti per la consegna del primo, secondo e terzo trimestre, quel totale di 21,5 milioni di dosi che ora non sappiamo se arriveranno secondo questo calendario, anche se, a quanto dice la multinazionale, i ritardi saranno circoscritti a pochi giorni e verrà recuperato il tempo perduto. Alla luce però della situazione, potrà essere necessario rivedere il piano e, pertanto, se dovesse essere rimodulato, richiederemo un nuovo aggiornamento ad Arcuri.
Analoga questione riguarda il piano presentato dal ministro della Salute Roberto Speranza, a dicembre, che identifica le priorità tra la popolazione cui destinare i vaccini. Quel piano è stato definito dagli esperti del Ministero in piena autonomia. Nel complesso è un buon progetto soprattutto per l’individuazione delle categorie a rischio e quindi prioritarie per la campagna”.
Cosa fare quindi con i ritardi sul vaccino?
“A mio giudizio la prima cosa è verificare che quel milione e 200 mila persone che hanno ricevuto la prima dose abbiano anche la disponibilità del richiamo, territorio per territorio. Se questo non dovesse essere riscontrato in tutto il Paese, rischiamo di avere un gap di immunizzazione da colmare in tempi rapidi. Dovremmo poi fare una valutazione sulla vaccinazione degli over 80 e sulle fasce della popolazione a rischio: capire bene, e lo può sapere bene solo Arcuri, quante e quali dosi abbiamo per loro.
Avevamo una consegna calendarizzata di circa 470mila dosi a settimana da Pfizer, ora con un taglio del 29%, la pianificazione rischia un buco di decine di migliaia di dosi. Se questi ritardi dovessero essere prolungati ben oltre i tempi annunciati da Pfizer, l’intero piano dovrà essere modificato e le categorie over 65, che si prevedeva di concludere per fine maggio-giugno, potrebbero non essere coperte”.
Pfizer ha assicurato che consegnerà le prossime dosi come previsto e che i ritardi saranno temporanei. In che modo però questo avverrà e se non vi saranno più ritardi, non si sa.
“Per fare una valutazione appropriata sarebbe opportuno che le informazioni sui numeri e sulle tempistiche di consegna, incluse le informazioni relative ai ritardi, siano trasferite dal commissario Arcuri al territorio, alle strutture regionali che hanno la responsabilità di organizzare praticamente le vaccinazioni, cosa che immagino il commissario stia facendo”.
Pfizer non sta fornendo informazioni chiare su cui poter rimodulare o meno il piano?
“Non sono in grado di dire se l’azienda abbia già dato al commissario le informazioni relative alle future consegne. Ho ragione di credere che nessuno stia con le mani in mano, in questo momento. Come anticipato, come CTS chiederemo un aggiornamento al commissario Arcuri nei prossimi giorni. In ogni caso sarà importante capire quali sono i reali motivi del ritardo. A quanto è dato sapere al momento sembrerebbe trattarsi di ritardi dovuti a motivazioni tecniche. Se invece il problema dovesse essere di altra natura, allora sarà necessario prendere azioni conseguenti ma al contempo agire per ridurre i danni del ritardo.
Dobbiamo a questo proposito tenere a mente che il nostro Paese non gode al momento di una autonomia produttiva, non dispone di catene di produzione dei vaccini, siamo quindi totalmente dipendenti dalle produzioni esterne. L’Italia, nel caso si dovessero appurare ragioni del ritardo dovute a speculazioni o acquisto irregolare da parte di altri paesi, dovrà reagire di concerto con la Commissione europea con la quale è stato definito il rapporto contrattuale con i produttori, con accordi quantitativi che hanno poi visto la definizione delle percentuali di destinazione tra gli stati membri dell’Unione in proporzione al solo parametro della popolazione residente”.
Con il timore dei ritardi sui vaccini, possiamo sperare in una decrescita dell’epidemia, visti i numeri dei nuovi casi positivi di questi giorni?
“I dati sui nuovi casi sembrano essere ‘timidamente’ favorevoli: ieri circa 10mila contagi. Questo significa che probabilmente le misure restrittive di Natale hanno dato i loro frutti e stiamo verificando ora i risultati, ma ci sono le variabili della pandemia legate alle ben note varianti inglese, sudafricana, brasiliana, su cui non abbiamo la fotografia esatta di quanto siano distribuite sul nostro territorio.
In generale, se mi domanda se possiamo stare più tranquilli, rispondo ‘mica tanto’, anche se è opportuno sottolineare che non siamo nella stessa situazione nella quale si sono trovate Gran Bretagna, Francia, Germania; i loro drammatici numeri non li abbiamo avuti, grazie anche alle misure adottate in autunno, dal 24 ottobre in poi, con il Dpcm che ha introdotto il coprifuoco e l’obbligo della mascherina anche al chiuso.
A questo proposito è importante sottolineare come ad esempio l’obbligo all’uso della mascherina abbia avuto anche effetti positivi come l’influenza, che quest’anno sta circolando molto meno che negli anni passati. Ma la situazione generale resta comunque di allerta”.
Sulla scuola, dalle Regioni sono piovute critiche sul Comitato per aver rimandato a loro la responsabilità sulle chiusure e le aperture.
“È ormai a tutti noto che la maggior parte dei problemi della scuola, che ne hanno impedito la riapertura da parte di molte Regioni, non derivano dall’ambiente scolastico e dall’aggregazione studentesca all’interno delle strutture, anche perché l’Italia è tra i pochi paesi che hanno imposto rigorose misure di riduzione del rischio all’interno degli edifici scolastici, come l’uso delle mascherine, il distanziamento all’interno delle aule, l’igiene delle mani.
È per contro arcinoto che i maggiori rischi di contagio sono esterni alla scuola, nelle attività peri-scolastiche, nei trasporti. I tavoli organizzati in modo impeccabile dalle prefetture hanno fatto emergere indicazioni atte a correggere le criticità evidenti: alcune Regioni hanno affittato centinaia di pullman per ridurre l’affollamento sui mezzi pubblici oltre ad aver scaglionato gli ingressi e le uscite da scuola.
Sin dal mese di aprile, durante il primo lockdown, in sede di CTS abbiamo affrontato tutti i temi relativi al rientro in sicurezza degli studenti a scuola, lavorando sui trasporti, sulle questioni relative agli spazi e al distanziamento, sui temi di controllo sanitario. In tanti mesi è stato fatto molto ma, forse, non abbastanza. E oggi noi tutti ci preoccupiamo dei nostri ragazzi che soprattutto nelle scuole superiori in quasi un anno hanno fatto non più di tre settimane di scuola in presenza.
Ci preoccupiamo del fatto che questa situazione sta facendo vedere un tasso di abbandono altissimo tra gli studenti delle superiori ma anche degli studenti universitari, soprattutto le matricole. Ci preoccupiamo dell’incremento del numero di tentativi di suicidio da parte degli adolescenti, dei tantissimi ragazzi con turbe della sfera emotiva e psicologica, piuttosto che di quanti, avendo abbandonato la frequenza scolastica diventano vittime delle mafie organizzate sul territorio.
La scuola che questi ragazzi non stanno seguendo peserà drammaticamente sullo sviluppo delle future generazioni e per quanti antepongono le priorità del mercato e dell’economia ai problemi della scuola, dovrebbe esser chiaro che questo disastro peserà anche e soprattutto sull’economia del nostro Paese, in pochi credo se ne rendano conto”.
(fonte: Agenzia Dire)