Covid e tumore del polmone, riprendere gli screening per evitare l’aumento previsto di mortalità

Prof. Lorenzo Spaggiari, Direttore del Programma Polmone dell’Istituto Europeo di Oncologia e Professore Ordinario all’Università di Milano: “Se riprendiamo subito gli screening possiamo ancora annullare gli effetti più gravi della pandemia sul tumore polmonare, che globalmente causa in Italia 34.000 vittime ogni anno, poco meno delle vittime Covid”

Milano, 16 ottobre 2020 – “Lo scenario del cancro in Italia nell’epoca Covid impone di riaccendere la luce sugli screening, in particolare per le donne fumatrici: le stime ci dicono che nel 2020 moriranno per cancro al polmone 10.600 donne, ma non ci dicono che 3.500 di queste vite potrebbero essere salvate con la diagnosi precoce, che quindi non deve essere rimandata per la rinnovata paura del virus”. Così Lorenzo Spaggiari, Direttore del Programma Polmone dell’Istituto Europeo di Oncologia e Professore Ordinario all’Università di Milano, commenta i numeri del cancro in Italia, appena pubblicati dalla Fondazione AIOM.

“I dati AIOM sul tumore del polmone nella popolazione femminile italiana stimano per il 2020 un aumento dell’incidenza del 3.4%, per un totale di 13.328 nuovi casi, e un aumento della mortalità di oltre il 5% rispetto al 2015, confermando una tendenza che purtroppo noi osserviamo da tempo nei nostri ambulatori – spiega Spaggiari – Sappiamo tuttavia dagli studi internazionali, in particolare dallo studio Nelson Lung Cancer Screening, che la diagnosi precoce può fermare questa tragica progressione perché è dimostrato che lo screening polmonare con Tac low-dose è efficace specialmente nella donna, in cui riduce la mortalità del 33%, rispetto al 24% degli uomini”.

Prof. Lorenzo Spaggiari

“In assenza di un programma di screening nazionale, anche di fronte alle evidenze scientifiche, per noi medici non è stato facile avvicinare le donne fumatrici alla diagnosi precoce, ma abbiamo ottenuto buoni risultati nell’adesione personale, perché le donne ci sanno ascoltare e hanno un forte senso di responsabilità individuale – continua Spaggiari – Ma in questo momento in cui tutta la nostra vita è condizionata dal virus e la paura del contagio è  ancora più forte di fronte alla seconda ondata, le donne stanno lontane da ospedali e ambulatori, e il rischio è di perdere i comportamenti preventivi acquisiti in almeno trent’anni di ricerca, per i tornare ai livelli di mortalità degli anni’70, quando la diagnosi di cancro  polmonare era quasi una sentenza di morte. Se consideriamo che da allora il tasso di incidenza nelle donne è cresciuto in modo esponenziale, è facile capire che il tumore polmonare può diventare la prima causa di morte per tumore nella donna, superando il cancro del seno”.

“Se riprendiamo subito gli screening – conclude Spaggiari – possiamo ancora annullare gli effetti più gravi della pandemia sul tumore polmonare, che globalmente causa in Italia 34.000 vittime ogni anno, poco meno delle vittime Covid. Prima di tutto l’informazione deve essere chiara.  Durante la prima ondata del virus, quando ancora non sapevamo come proteggere i nostri pazienti, seguendo le linee guida internazionali sono stati rinviati gli interventi sui tumori iniziali, considerati procrastinabili, causando di conseguenza uno stop agli screening. Ma nel frattempo abbiamo fatto ricerca e abbiamo imparato molto sul virus, per cui le indicazioni che valevano a marzo scorso, oggi sono superate. Ora sappiamo che il Covid può essere fermato con la mascherina e siamo sempre più convinti che il cancro polmonare può essere fermato con lo screening. Il nostro appello è dunque: fate lo screening , con la mascherina”.

“I comportamenti individuali sono fondamentali per proteggere la propria salute e contemporaneamente proteggersi dal Covid – sottolinea Roberto Orecchia, Direttore Scientifico – Ma va sottolineato che gli ospedali altamente specializzati, come IEO, fanno la loro parte, e sono strutturati per accogliere e accompagnare i pazienti in modalità covid-safe. Siamo pronti a gestire la seconda ondata: il nostro personale è seguito da un programma di sorveglianza con test sierologici e tamponi, l’accesso all’ospedale segue le più avanzate norme di protezione anti-virus, e gli spazi sono stati ripensati e riorganizzati per permettere il distanziamento in ogni fase del percorso del paziente. Possiamo sostenere che l’ospedale è uno dei luoghi a minor rischio di contagio. Infatti in IEO da settembre non abbiamo avuto nuovi focolai fra i pazienti”.

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