Coronavirus: l’ossitocina, ormone dell’amore, può contrastare la malattia

Studio pubblicato su Clinical Neuropsychiatry. Prof.ssa Donatella Marazziti, psichiatra e responsabile ricerche della Fondazione BRF: “L’ossitocina è un potente antinfiammatorio sistemico che, al contrario dei glucocorticoidi, non deprime il sistema immunitario, e stimola i linfociti e i processi riparativi dell’organismo”

Lucca, 24 aprile 2020 – E se fosse l’ossitocina, l’ormone dell’amore, una delle chiavi per combattere la pandemia da Covid-19? L’interessante tesi, pubblicata sull’ultimo numero della rivista scientifica “Clinical Neuropsychiatry”, è stata avanzata tra gli altri dalla prof.ssa Donatella Marazziti, psichiatra e responsabile ricerche della Fondazione BRF – Istituto per la Ricerca in Neuroscienze e Psichiatria.

“Attualmente – spiega la prof.ssa Marazziti – non esistono spiegazioni convincenti sulla morbilità e mortalità associate alla pandemia da Covid-19. L’ossitocina è un ormone prodotto nell’ipotalamo che svolge funzioni molteplici sia nel cervello che negli organi periferici”.

Prof.ssa Donatella Marazziti

“La nostra ipotesi – spiega ancora la psichiatra – parte dall’osservazione che le tipologie di persone più colpite dal Covid-19, a cominciare dagli anziani e da chi soffre anche di altre patologie, sono tutte caratterizzate da bassi livelli di ossitocina”.

“Non bisogna dimenticare – continua ancora la prof.ssa Marazziti – che l’ossitocina è un potente antinfiammatorio sistemico che, al contrario dei glucocorticoidi, non deprime il sistema immunitario, e stimola i linfociti e i processi riparativi dell’organismo. In più, essendo usata anche come induttore del parto in tutti gli ospedali del mondo, è facilmente disponibile a bassissimo costo, e non provoca che effetti collaterali irrilevanti”.

“Riteniamo dunque – conclude la prof.ssa Marazziti – che si debba proporre la somministrazione di ossitocina come terapia. Basterebbero poche settimane per misurare i livelli di ossitocina nei pazienti Covid-19, con diversi livelli di gravità; e poi occorrerebbe implementare studi clinici controllati per verificare l’effettiva efficacia dell’ossitocina stessa nei pazienti più gravi”.

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