Cervello dell’uomo diverso da quello della donna? Le neuroscienze rivalutano il ‘politicamente corretto’

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Milano, 14 maggio 2019 – In tempi di attacchi al politicamente corretto e di ritorno di antichi stereotipi, la psicologia e le neuroscienze indicano che il sessismo e le discriminazioni di genere si alimentano anche di parole apparentemente innocue, anzi a volte considerate complimenti gentili.

Ne ha parlato la psicologa Claudia Manzi durante l’incontro “Neuroscienze e professioni future: questioni etiche”, organizzato dall’Unità di Ricerca in Neuroscienze Sociali e delle Emozioni, in collaborazione con la Facoltà di Psicologia e il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, e la Società Italiana di Neuroetica (SINe) e svoltosi presso Palazzo Regione Lombardia, primo evento della Settimana della Neuroetica.

Manzi, dell’Università Cattolica di Milano, ha spiegato che recenti esperimenti mostrano come invitare un gruppo di donne a eseguire un difficile compito matematico, ricordando loro che ce la possono fare anche se le donne non sono portate per la matematica, innesca l’attivazione di specifiche aree cerebrali che sono deputate alle interazioni sociali (quindi a combattere lo stereotipo) a discapito delle aree cerebrali che dovrebbero dedicarsi alla risoluzione del compito. In questo modo, anche a livello inconscio, si rafforza lo stereotipo che vede le donne meno brave in matematica.

La ricerca ci dice invece – ha spiegato Manzi – che sono pochissime le differenze di prestazioni tra uomini e donne se si considera il cervello (spesso a torto ritenuto diverso tra maschi e femmine). Gli uomini sono più aggressivi e riescono meglio nei compiti spaziali (come ruotare mentalmente un oggetto), mentre le donne sono più capaci di cogliere gli stati d’animo del loro prossimo. Per il resto, maschi e femmine non partono da basi cerebrali diverse. Quindi, anche fare un complimento sui capelli o sul vestito di una collega di lavoro o di una professionista, non si fa che attivare una reazione ‘difensiva’ inconsapevole delle donne che le danneggia sul lavoro, peggiorando a volte la loro prestazione professionale e riaffermando gli stereotipi di genere.

Il convegno, coordinato dalla professoressa Michela Balconi, ha visto l’affluenza di cittadini, studenti provenienti da varie università, professionisti della ricerca e consulenti organizzativi, ma anche rappresentanti di realtà aziendali e istituzioni pubbliche interessati al tema della neuroetica applicata alle professioni del futuro.

Durante l’evento sono intervenuti illustri relatori provenienti dal mondo accademico della ricerca e dal mondo consulenziale e organizzativo. Balconi, docente di Neuroscienze Cognitive presso l’Università Cattolica di Milano, ha avviato la discussione sulle riflessioni etiche circa la nuova disciplina del neuromanagement e sul perché l’integrazione di metodi neuroscientifici costituisce un valore aggiunto in azienda.

In conclusione, il prof. Federico Gustavo Pizzetti, Dipartimento di studi internazionali, giuridici e storico politici dell’Università degli studi di Milano, ha delineato le opportunità e i rischi dell’applicazione delle neuroscienze al contesto organizzativo secondo un punto di vista legislativo.

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