Cardiologia, strategie di cura durante la pandemia. Webinar SIC su Tavi e Covid

Prof. Paolo Golino

Napoli, 15 maggio 2020 – L’epidemia di Sars-Cov2 in Italia ha lasciato dietro di sé importanti ripercussioni sulla salute cardiovascolare e sulla sopravvivenza della popolazione, non solo per effetto diretto del virus, ma anche perché la paura di contrarre la malattia ha tenuto molte persone lontano dagli ospedali, anche in caso di emergenza.

Per discutere del tema e per proporre soluzioni si terrà oggi la videoconferenza “Impatto del Covid-19 sulle procedure elettive di Tavi in Italia: possibili danni collaterali della pandemia?”, organizzata dalla Società Italiana di Cardiologia (SIC) e che vedrà coinvolti i cardiologi della Campania insieme a esperti nazionali per analizzare come far fronte a questo problema, in particolare a quello degli interventi programmati per la stenosi aortica, una delle malattie valvolari cardiache più diffuse e più pericolose se non adeguatamente curate, tra l’altro condizione fortemente aggravante l’infezione da Sars-Cov2.

“Secondo i nostri dati – spiega Ciro Indolfi, presidente SIC e ordinario di Cardiologia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro – su un’indagine che ha coinvolto oltre 50 centri ospedalieri italiani su tutto il territorio nazionale, nella Unità di terapia intensiva cardiologica c’è stata una riduzione di accessi del 50 per cento per gli infarti, del 40 per cento per lo scompenso cardiaco, del 30 per cento per le fibrillazioni atriali. In particolare, in Campania gli accessi si sono ridotti del 62 per cento per gli infarti in genere e del 53,8 per cento per gli infarti del miocardio con sopraslivellamento del segmento ST (STEMI) e del 41 per cento per lo scompenso”.

Sempre secondo i dati della Sic i pazienti non si presentavano in ospedale neanche per verificare i malfunzionamenti di pacemaker e defibrillatori (-35 per cento) o per i cosiddetti interventi elettivi, come ad esempio la sostituzione della valvola aortica in caso di stenosi della valvola.

“La questione – spiega Paolo Golino, ordinario di Cardiologia all’università della Campania Luigi Vanvitelli – è seria. La stenosi aortica è una malattia cronica evolutiva, che può portare progressivamente e rapidamente allo sviluppo di insufficienza cardiaca: dalla comparsa dei sintomi la prognosi è mediamente di 2-3 anni. In Italia ne soffrono circa 200mila persone oltre i 75 anni, quasi 20mila delle quali in Campania, mentre sono più di 100mila nel Paese, e circa 10mila in Regione, quelle colpite in forma grave per le quali un intervento di sostituzione valvolare potrebbe essere risolutivo. In questa situazione, soprattutto per chi è stato già identificato come candidato a un intervento, il ritardo potrebbe dimostrarsi fatale. Un’analisi degli studi clinici internazionali, dimostra infatti che la mortalità in lista d’attesa per un intervento di sostituzione della valvola aortica può arrivare al 14 per cento, cioè una probabilità su 6”.

Per evitare che ciò accada e soprattutto per curare questi malati, durante la pandemia e in tutta sicurezza, sono state suggerite diverse strategie che verranno discusse nel corso della videoconferenza.

“La strategia cardine – riassume Golino – è il dialogo con il paziente. Ad esempio, nella nostra unità abbiamo spiegato a tutti coloro che dovevano essere ricoverati, nel corso di un colloquio personale, i pro e i contro e, nel 90 per cento dei casi il ricovero è avvenuto. Poi ci sono gli aspetti organizzativi, ovviamente i reparti e i percorsi di accesso sono separati e a chiunque dovesse essere ricoverato per un intervento elettivo eseguiamo un pre-ricovero con tampone 3 giorni prima, per verificare un’eventuale positività al Covid-19. Infine, la scelta della tipologia di intervento, ricorrendo alla sostituzione per via transcatetere, la Tavi – come peraltro raccomandato anche dall’Esc, la società europea di cardiologia. Si tratta infatti di una procedura meno invasiva del corrispondente intervento cardiochirurgico, che riduce drasticamente la durata del ricovero in ospedale durante e dopo l’intervento e quindi – conclude – abbassa ogni rischio di contagio”.

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