BIOMIRATE: l’Italia guida l’innovazione biotecnologica per la sopravvivenza umana nello Spazio

Un team di ricercatori ENEA, Fondazione Edmund Mach e Università Roma Tor Vergata lavora a soluzioni tecnologiche avanzate per il riciclo efficiente e sostenibile delle risorse e la riduzione dell’impatto delle radiazioni cosmiche, a supporto della vita dell’uomo nelle missioni spaziali di lunga durata. Le attività sono condotte nell’ambito del progetto BIOMIRATE, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana

Roma, 6 giugno 2025 – Il prossimo obiettivo del programma di esplorazione dell’uomo nello Spazio prevede la presenza umana a lungo termine oltre la bassa orbita terrestre. Le missioni spaziali di lunga durata, essendo al di fuori della protezione del campo magnetico terrestre, espongono l’uomo a condizioni estreme, tra cui: gravità alterata, isolamento prolungato ma anche radiazioni cosmiche e solari che possono compromettere la salute fisica e psicologica degli astronauti, nonché la funzionalità e resilienza dei sistemi biorigenerativi.

“Lo sviluppo di soluzioni innovative per sostenere la vita umana durante le missioni spaziali di lunga durata sulla Luna e, in prospettiva, su Marte, è un pilastro fondamentale della visione strategica dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) – dichiara Barbara Negri, Responsabile dell’Ufficio Volo Umano e Sperimentazione dell’ASI – Con il progetto BIOMIRATE (BIOrigenerativi: MItigazione del rischio da RAdiazioni mediante TEcnologie molecolari), coordinato dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata in collaborazione con l’ENEA e la Fondazione Edmund Mach, l’ASI vuole porre le basi per la realizzazione di un modello di esplorazione spaziale sostenibile, autonoma e sicura, identificando le contromisure necessarie a proteggere gli astronauti in ambienti estremamente ostili”.

Lo scopo di BIOMIRATE è infatti quello di individuare strategie per la mitigazione dei rischi da esposizione a radiazioni ionizzanti, al fine di garantire la sopravvivenza e la funzionalità degli organismi coinvolti nei sistemi biorigenerativi, anche nelle condizioni estreme imposte dall’ambiente spaziale. Attraverso studi di genomica e trascrittomica su cianobatteri radioresistenti, e grazie all’impiego di tecniche di ingegneria metabolica e biologia sintetica, il progetto mira a creare un ideotipo di lattuga biofortificato.

Questa pianta sarà in grado di produrre antiossidanti naturali e proteine protettive del DNA, con un duplice scopo di ottenere varietà vegetali capaci di sopravvivere e restare produttive nello spazio e fornire un alimento funzionale per tutelare la salute degli astronauti. L’effetto radioprotettivo e l’efficacia dell’alimentazione funzionale di questo superfood saranno valutati tramite simulazioni e sperimentalmente sulle larve della mosca soldato (Hermetia illucens).

Questi insetti, oltre a essere in grado di trasformare i rifiuti organici in substrati utili per la coltivazione, rappresentano anche una promettente fonte alternativa di proteine animali. Il loro impiego potrebbe contribuire a integrare la dieta degli astronauti, aiutando a contrastare lo stress ossidativo e apportando benefici sia dal punto di vista nutrizionale che del benessere psicologico.

Inoltre, una collezione di cianobatteri radioresistenti verrà investigata per i meccanismi di riparo del DNA attraverso analisi molecolari avanzate. “Analizzare la risposta di questi microrganismi alla radiazione ionizzante ci permetterà di individuare nuovi meccanismi di difesa – commenta Daniela Billi, professoressa associata presso il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e coordinatrice del progetto – Particolare attenzione verrà rivolta all’identificazione di proteine che proteggono il DNA nei cianobatteri estremofili, con l’obiettivo di trasferire questa proprietà radioprotettiva a organismi d’interesse per lo sviluppo di sistemi biorigenerativi per lo spazio”.

“La nostra sfida è garantire la produzione costante di cibo fresco e salutare per gli astronauti, il riciclo dei rifiuti organici generati dai nostri sistemi di produzione e sviluppare soluzioni biotecnologiche che consentano di mitigare i rischi causati dall’esposizione alle radiazioni su piante ed equipaggi durante le missioni – evidenzia Angiola Desiderio del Laboratorio Agricoltura 4.0 dell’ENEA – Se riusciremo o meno a stabilire basi durature sul nostro satellite ed oltre, dipenderà molto dalla capacità di resistere a un ambiente ostile e garantire la produttività e la sostenibilità dei futuri habitat spaziali”.

“La ricerca scientifica è la chiave per la sopravvivenza sostenibile dell’uomo nello Spazio profondo – sottolinea Silvia Massa responsabile del Laboratorio Agricoltura 4.0 dell’ENEA – L’innovazione che produrremo non solo ci aiuterà ad affrontare le sfide spaziali, ma potrà aprire nuove frontiere anche per il futuro della vita sulla Terra”.

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