Batteri del cavo orale e tempesta citochinica che colpisce i pazienti Covid gravi: quale relazione. Studio triestino

Lo studio, che ha analizzato la struttura del microbiota del cavo orale e la risposta infiammatoria in pazienti durante i primi giorni dell’infezione e in un gruppo di soggetti sani, è stato reso disponibile per la comunità scientifica sull’archivio libero on-line BioRxvi

Trieste, 30 dicembre 2020 – Grazie a uno studio congiunto di un team di ricercatori dell’Irccs Materno Infantile “Burlo Garofolo” e dell’Università di Trieste si affacciano nuove ipotesi terapeutiche di supporto per contrastare la “tempesta infiammatoria” che colpisce i pazienti più gravi affetti da Covid-19. Lo studio, appena condiviso sull’archivio scientifico libero online bioRxiv.org (https://biorxiv.org/cgi/content/short/2020.12.13.422589v1) ha, infatti, identificato per la prima volta una stretta relazione tra batteri del cavo orale e la “tempesta citochinica” associata alla gravità della malattia nei pazienti affetti da Covid-19.

“Recenti ricerche – spiega Manola Comar, professore di Microbiologia e direttore della struttura di microbiologia traslazionale dell’Ircss – hanno dimostrato che esiste una cooperazione ‘silente’ tra batteri (microbiota) e virus residenti nei vari distretti del corpo umano e in modo particolare a livello del cavo orale. La comunicazione tra questi microorganismi determina lo stato di salute o di malattia del paziente e la suscettibilità all’infezione da parte di microorganismi patogeni”.

“L’obiettivo della nostra ricerca – continua Manola Comar – è stato quello di capire se questo paradigma calzasse anche per il SARS-CoV-2. Oltre che nell’oro-naso faringe, il Covid-19 è, infatti, presente anche sulle mucose del cavo orale, grazie alla presenza di quei recettori che il virus comunemente utilizza per entrare nelle nostre cellule e quindi innescare quella che é stata definita la “cascata citochinica” ossia l’evento infiammatorio preponderante nei quadri clinici più severi di questa infezione”.

I ricercatori triestini, analizzando la struttura del microbiota orale in 26 pazienti positivi al Covid-19 durante i primi giorni dell’infezione e in un gruppo di soggetti sani, hanno riscontrato una composizione microbiologica completamente differente, sia in termini di quantità di specie batteriche che di specie predominanti.

“Alcuni batteri erano presenti – ha chiarito ancora la prof.ssa Comar – solo nei pazienti positivi per il Covid-19 e non nei soggetti sani. Prevotella salivae, Veillonella infantium, Prevotella jejuni e Soonwooa purpurea si sono dimostrati marcatori batterici distintivi di questi pazienti. Questo ‘consorzio batterico’ è stato associato alla produzione nel cavo orale di un gruppo di citochine pro-infiammatorie (interleuchine e chemochine che svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione e nell’attivazione dei nostri meccanismi difensivi e nei processi infiammatori), che successivamente abbiamo riscontrato nel siero di pazienti che mostravano quadri severi e complicanze della malattia”.

Entrando nel dettaglio della ricerca, Valerio Iebba, ricercatore microbiologo e bioinformatico dell’Università degli Studi di Trieste sottolinea come “grazie al supporto di nuovi strumenti bioinformatici ‘social network’ applicati agli studi microbiologici, sia stato possibile identificare e definire le relazioni funzionali tra i microorganismi e la presenza dei fattori infiammatori riscontrati in questi pazienti. Abbiamo così definito alcuni consorzi batterici da utilizzare come biomarcatori predittivi dello stato di malattia dei soggetti infetti da Covid-19”.

“È stato altresì dimostrato che all’interno della stessa comunità alcuni batteri sono marcatori specifici della presenza di altre patologie concomitanti, cardiache e neurologiche, riscontrate in questi pazienti. In particolare, si è osservato che la presenza in grandi quantità di Prevotella jejuni nel cavo orale era associata alla perdita dell’olfatto, sintomo riscontrato nel 35% dei pazienti esaminati”, conclude Iebba.

Lo scopo finale dello studio congiunto dei ricercatori universitari e dell’Irccs è stato da un lato, quello di implementare le informazioni sul meccanismo di azione di Covid-19 e l’evoluzione della malattia attraverso modelli predittivi utilizzando biomarcatori precoci presenti nel cavo orale, e dall’altro di proporre nuove ipotesi terapeutiche di supporto, come l’utilizzo di un gruppo di batteri ‘benefici’ capace di contrastare i batteri attivatori della “tempesta citochinica”, presenti nel cavo orale dei pazienti nelle prime fasi dell’infezione.

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