Asma grave, in Italia solo il 48% dei Pronto Soccorso ha un protocollo per gestire il paziente

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Roma, 8 novembre 2019 – L’asma grave è una patologia fortemente invalidante che rimane spesso a lungo priva di un corretto inquadramento diagnostico. In Italia l’incidenza dell’asma è pari al 4,5% della popolazione, ossia circa 2,8 milioni di persone, mentre l’asma grave riguarda invece circa il 5-10% della popolazione complessiva di asmatici. Per offrire una fotografia fedele del setting del paziente con asma grave nel suo percorso di accesso, presa in carico e dimissione dal pronto soccorso nel nostro Paese, la testata “Italian health policy brief” ha sviluppato una ricerca basata su interviste ‘face to face’ realizzate con 71 medici di pronto soccorso di tutto il territorio nazionale.

Dalla ricerca emerge una grande variabilità nei modelli di gestione del paziente con asma grave: meno della metà dei ps (48%) ha definito un protocollo interno per la gestione del paziente con asma grave, solo il 38% ha definito un protocollo per il follow up e meno di un terzo degli ospedali (29%) ha un team multidisciplinare per il setting completo del paziente.

“L’emersione della patologia – commenta Fausto De Michele, direttore della Pneumologia dell’ospedale Cardarelli di Napoli – è un problema rilevante e il ritardo diagnostico comporta negative ripercussioni cliniche ed incremento di costi sociali ed economici, tra cui perdita di giornate lavorative, frequenti riacutizzazioni, ripetuti accessi al pronto soccorso”.

Nel confronto fra pronto soccorso con protocollo per la gestione dell’asma grave (48% dei ps) e pronto soccorso senza protocollo (62% dei presi in esame), emergono differenze significative negli outcome e nei modelli di gestione del paziente a favore delle strutture con protocollo. Le differenze riguardano in particolare il minor numero di riacutizzazioni e accessi al ps (2,48/2,72 vs 3,04/3,11); la maggiore percentuale di pazienti a cui viene prescritto un piano di follow up dettagliato in dimissione (61% vs 36%); la maggior percentuale di pazienti a cui viene impostato un trattamento in dimissione (83% vs. 77%); il minor utilizzo di corticosteroidi per via orale (OCS) nei trattamenti impostati in dimissione (39% vs 58%).

La ricerca Ihpb-Altis ha quindi identificato alcuni ‘critical issues’ nella gestione del paziente con asma grave nei pronto soccorso italiani’, che possono essere così sintetizzati: carenza di percorsi strutturati per la gestione del paziente con Asma severo in PS (presenti nel 48% delle strutture) e nel follow up (38% delle strutture); carenza di team multidisciplinari (29% delle strutture); carenza di una rete territorio-ospedale per la gestione specialistica del paziente con asma grave sul territorio (52% dei pazienti dimessi dal PS senza un piano di follow up, 26% dei pazienti inviati solo al medico di medicina generale senza una presa in carico specialistica).

In compenso i dati raccolti nelle interviste al campione verso cui è stata rivolta la ricerca hanno registrato un impatto decisamente positivo sugli outcome (riacutizzazioni/accessi al ps) e sui modelli di gestione del paziente (referral, prescrizione OCS in dimissione) della presenza di un protocollo per la gestione del paziente.

La ricerca mette in rilievo quanto sia fondamentale definire protocolli per la gestione del paziente con asma grave in pronto soccorso: infatti nei reparti dove sono stati definiti percorsi strutturati e dove sono presenti team multidisciplinari si rilevano outcome migliori dei pazienti, trattamenti più appropriati e una migliore presa in carico del paziente alla dimissione. Appare quindi fondamentale lavorare per implementare protocolli strutturati e favorire i team multidisciplinari in modo che il medico di PS possa gestire il paziente con asma grave con l’immediato supporto dello specialista e secondo percorsi condivisi.

“I dati raccolti nella ricerca confermano come il setting del Pronto Soccorso possa essere potenzialmente uno di quelli prioritari per l’emersione dell’asma grave – commenta De Michele – Posto il fatto che gli accessi in pronto soccorso avvengono per grave crisi di asma, ma solo dopo un adeguato approfondimento specialistico è possibile arrivare alla definizione corretta di paziente affetto da asma grave: occorre quindi considerare che una quota significativa degli accessi per asma in pronto soccorso sono dovuti ad asma scarsamente controllato per scarsa aderenza del paziente al trattamento. Si evidenzia quindi come sia necessario definire nelle singole realtà un percorso di presa in carico del paziente con sospetto di asma grave che giunge in ps al fine di evitare un intervento che si limiti alla risoluzione dell’evento acuto con un esito spesso caratterizzato da nuovi accessi in ps”.

È perciò auspicabile la definizione, per ogni ospedale dotato di ps, soprattutto se inserito in un dipartimento di emergenza, di “uno specifico Pdta che veda coinvolto oltre al medico di pronto soccorso, anche lo specialista pneumologo e le varie figure professionali che contribuiscono alla gestione effettiva ed efficace del paziente con asma grave”.

Affinché il paziente gestito in urgenza nel setting del pronto soccorso non si disperda sul territorio, secondo Francesco Rocco Pugliese, presidente Simeu, è necessario “stratificare i pazienti in base ad alcuni parametri, per esempio se si tratti di un primo episodio o si tratti di un paziente asmatico noto, oppure in dimissione se si tratta di risoluzione completa dei sintomi versus parziale remissione della sintomatologia. In base alla stratificazione di rischio possiamo quindi delineare i seguenti percorsi post dimissione dal ps: effettuazione della visita pneumologica contestuale all’accesso di ps; programmazione della visita pneumologica dopo la dimissione; programmazione di visita di follow-up presso il Medico di medicina generale. Quindi non dovrà essere il paziente a gestire la sua visita di controllo e la sua tempistica: tutto questo deve essere pianificato già al momento della gestione in ps, determinando una vera presa in carico del paziente è verosimile che il paziente diventi più aderente alla terapia e ai successivi controlli”.

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