Anticorpi utilizzati come biomarcatori per molte malattie. Aperta nuova strada per terapia e diagnostica mirata

Lo studio è stato condotto dai ricercatori del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’Università Roma “Tor Vergata” e pubblicato su Nature Communications

Roma, 10 dicembre 2020 – In uno studio guidato dal professor Francesco Ricci del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’Università di Roma “Tor Vergata”, un team di scienziati ha recentemente dimostrato una tecnologia per sintetizzare nuove molecole funzionali usando specifici anticorpi come ‘catalizzatori’. Il lavoro è stato appena pubblicato dalla prestigiosa rivista Nature Communications con il titolo “Using antibodies to control DNA-templated chemical reactions”.

Gli anticorpi sono proteine che possono essere utilizzate come importantissimi biomarcatori in grado di fornire indicazioni su molte malattie e su come il nostro sistema immunitario le combatte. Il gruppo di scienziati dell’Università di Roma “Tor Vergata” ha sviluppato un metodo che permette di riutilizzarli per innescare una specifica reazione chimica.

“Abbiamo dimostrato l’uso di specifici anticorpi per controllare reazioni chimiche che possono portare alla formazione di un’ampia gamma di molecole, che vanno da agenti terapeutici a molecole in grado di dare un segnale ottico”, dichiara Francesco Ricci, professore ordinario presso l’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, responsabile del Laboratorio Biosensori e Nanomacchine del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche e autore di riferimento dell’articolo.

“L’aspetto interessante della nostra ricerca è rappresentato dal fatto che la molecola prodotta dalla reazione chimica si forma soltanto quando è presente in soluzione uno specifico anticorpo diagnostico”.

La strategia dimostrata in questo lavoro può essere utilizzata, ad esempio, per controllare la formazione di molecole funzionali, come farmaci, con specifici anticorpi biomarcatori. Come prova di principio di questa applicazione i ricercatori hanno dimostrato la formazione di un farmaco anticoagulante in grado di inibire l’attività della trombina, un enzima chiave della coagulazione del sangue e un target importante per il trattamento della trombosi.

“Abbiamo dimostrato che solo in presenza di uno specifico anticorpo bersaglio la reazione che porta all’agente anticoagulante può essere innescata e di conseguenza bloccare l’attività della trombina”, afferma Ricci.

Per raggiungere l’obiettivo il gruppo di ricerca di “Tor Vergata” ha utilizzato dei filamenti di dimensioni nanometriche di DNA sintetico, un bio-materiale estremamente versatile che può essere modificato con un’ampia gamma di gruppi reattivi e con elementi che possono riconoscere specifici anticorpi.

“Nel nostro lavoro abbiamo progettato e utilizzato una coppia di sequenze di DNA sintetico modificate a un’estremità con i due precursori della molecola che volevamo formare e all’altra estremità con elementi in grado di riconoscere uno specifico anticorpo bersaglio. Se questo anticorpo è presente in soluzione, viene riconosciuto dalle sequenze di DNA che si legano ad esso portando i due precursori ad avvicinarsi tra loro. Questo avvicinamento innesca la loro reazione e porta alla formazione della molecola finale”, ha spiegato la dott.ssa Lorena Baranda, dottoranda all’Università “Tor Vergata” nel gruppo del prof. Ricci e prima autrice dell’articolo.

“Questa strategia – concludono i ricercatori – è altamente versatile: può essere riprogrammata per permettere la formazione di diverse molecole con diversi anticorpi specifici e potrebbe in futuro rappresentare una nuova strada per la terapia e la diagnostica mirata”.

La ricerca è stata condotta in collaborazione con il prof. Gianfranco Ercolani del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’Università di Roma “Tor Vergata” e con Jonathan Watson e Tom Brown Jr della società ATDBio con sede ad Oxford (UK).

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