Anche il Parmigiano Reggiano nel mirino dell’ONU

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Il commento del prof. Filippo Rossi, ricercatore della facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali, Università Cattolica del Sacro Cuore

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Piacenza, 19 luglio 2018 – Non esistono alimenti perfetti, per il semplice motivo che sulle nostre tavole non finisce un solo alimento, bensì una pluralità di cibi, destinati a compensare fra loro eccessi e carenze di nutrienti.

L’idea dell’OMS di voler ridurre l’incidenza di malattie legate all’alimentazione, come, il diabete, l’ictus, l’infarto o l’ipertensione è una cosa positiva che però rischia di dare origine a uno schema impazzito, dove un formaggio come il Parmigiano Reggiano rischia di venir marchiato d’infamia, perché ricco di sale, di grassi saturi e di colesterolo.

Ora è vero che il 2% del Parmigiano Reggiano è sale da cucina, ma va ricordato che per raggiungere la dose massima ammissibile, bisogna mangiarne circa 320 gr. Cosa che manco il Topo Gigio dei giorni migliori riuscirebbe a fare.

In compenso 100 gr di Parmigiano Reggiano, coprono integralmente il fabbisogno in calcio di una persona adulta, riducendo drasticamente il rischio di osteoporosi e di fratture invalidanti per le persone anziane. Invalidanti per loro, impegnative per i loro famigliari e costose per lo Stato. E basta un pollice (30 gr) di formaggio per abbassare significativamente la pressione arteriosa e il rischio di quell’ictus che sta a cuore all’OMS.

E comunque, a prescindere da quel che se ne mangi, il Parmigiano Reggiano, è una delle migliori fonti proteiche. Non è l’alimento perfetto, ma è sicuramente utile alla nostra salute.

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