All’Ospedale “Rummo” di Benevento una storia “semplice”… di mala gestione?

pregnant woman looking at baby scanQuesta è una storia semplice, si potrebbe dire con una canzone dei “Negramaro”, o una storia difficile, di mala gestione che, di questi tempi, non sarebbe cosa nuova.

Una donna si sottopone per scelta all’amniocentesi, avendo 35 anni di età e dopo una serie di riflessioni bioetiche e morali insieme al marito: “…e se poi…”; “… ma dai che non sarà così, non rientreremo nelle statistiche”; “… non accadrà a noi, se poi è …”.

I primi risultati diagnostici comunicati via telefono dopo 3 giorni dal prelievo, parlano di un quadro clinico tranquillo, nessun problema al futuro nascituro. Il piccolo dopo essersi “nascosto” nelle ecografie precedenti, dalle prime analisi del liquido amniotico risulta essere di genere maschile: gioia e felicità perché sta bene, perché sono state escluse problematiche gravi. Poi, sta arrivando pure Natale e marito e moglie si sono sposati da poco ed hanno già il piccolo in arrivo…

Si attendono i risultati definitivi di tutte le analisi per poi farle visionare dalla ginecologa.
Passano i giorni ed arriva un’altra telefonata dal laboratorio di genetica della struttura ospedaliera nella quale è stata fatta l’amniocentesi: “Signora, c’è un problema…”. Per i medici spesso l’aspetto dell’approccio psicologico alla malattia o ai problemi dei pazienti, è da tralasciare.

Il problema consiste nel fatto che i prelievi della donna sono andati a male (anche ad altre quattro donne è stato detto così), a causa di un non meglio specificato guasto tecnico all’incubatore del laboratorio, guasto avvenuto tra il 7 e l’8 dicembre (quasi come fosse un film di Ficarra e Picone!!!). Ora, visto che ancora occorre sapere l’altra parte dei risultati dell’amniocentesi, il laboratorio consiglia di ritornare nella struttura ospedaliera ed eventualmente, ripetere l’esame, oppure andare a firmare la rinuncia alla nuova esecuzione. Visto anche che, come si dice, in genetica non è remota la possibilità di dover rifare il prelievo, d’altronde come se si stesse parlando delle analisi del sangue. Tutto questo per telefono, da decidere nel giro di due giorni: “Che si fa?”, “Sarà vero?”, “Come mai è accaduto?”, “Perché poi proprio a noi che avevamo impiegato tanto tempo per sciogliere i nodi e decidere di farla?”. Si potrebbero aggiungere altri interrogativi, ma sarebbe superfluo.

Adesso che si fa: si rischia ancora, oppure ci si va a giocare i numeri a lotto e vediamo se l’ambo esce su qualche ruota?
Semplificare il dubbio bioetico e cercare di rilassarsi, come fosse cosa “semplice” pensare che dopo tante riflessioni sul fare o meno l’amniocentesi, occorre pure preoccuparsi del verosimile guasto tecnico ai macchinari del laboratorio di genetica!

Nel vortice di riflessioni emergono incertezze e dubbi che non hanno a che fare con la sola scienza medica, ma con le scelte di vita dei singoli; ma emergono altresì le riflessioni di una madre e di un padre che immaginavano di poter disporre di un sistema sanitario decoroso, non così assurdamente equivoco. Dopo essersi sottoposti all’amniocentesi comunque rimangono molti dubbi. Qualcuno obietterebbe che in ogni caso permangono; bene, ma almeno i dubbi legati alle patologie connesse alla possibilità di essere scoperte con il prelievo amniotico, quelli proprio non ci dovrebbero essere.

Il disgusto per la vicenda diventa rabbia, la rabbia si trasforma in voglia di reagire e di denunciare uno scandalo tipicamente italiano, figlio spesso della troppa attenzione che si dà alle posizioni di vertice all’interno del sistema sanitario, delle ASL come degli ospedali, attraverso l’oleoso sistema della nomina politica. Quanto è poca l’attenzione che si offre alla vita dei pazienti! Una vergognosa situazione nella quale devono scegliere diverse giovani coppie, che devono optare bioeticamente tra rifare l’amniocentesi ed esporre il futuro nascituro a dei rischi – visto che parliamo di un’indagine invasiva e non immune da pericoli – oppure, dopo aver già rischiato, non poter disporre di risultati generali e definitivi e, affidarsi al cielo, come se fosse stata fatta una sorta di amniocentesi a metà.

Al momento, per ciò che è accaduto, nessuno appare abbia responsabilità.

Questa storia “semplice” ha un enorme valore: ha messo in luce l’ennesimo caso di mala gestione sanitaria, perché in un laboratorio di genetica situazioni del genere, non dovrebbero mai accadere (se è vero sia accaduto quello che è stato detto!!!). Ma se i fatti sono veri, forse, oltre le responsabilità dei singoli, andrebbe rintracciata la responsabilità gestionale dei vertici amministrativi e sanitari che applicano tagli lineari alla spesa per la salute, ed a salire, alle responsabilità della politica che ha fatto della sanità terreno di conquista indiscriminata, senza l’obiettivo etico del buon funzionamento come stella polare di un sistema sanitario evoluto e moderno.

P.S.: i fatti citati sono accaduti personalmente a mia moglie ed al sottoscritto e la struttura sanitaria in questione è l’Azienda Ospedaliera “G. Rummo” di Benevento.

Vincenzo Di Lauro

Vincenzo Di Lauro

Vincenzo Di Lauro

Laurea in Relazioni e Politiche Internazionali. Master Universitario di II livello in Biogiuridica – Bioetica. Grafico part-time, Orientatore, Community manager. Consulente di scuole di formazione professionale

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