Porfiria: sicurezza ed efficacia dell’unica terapia che permette una vita “alla luce del sole”

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Biolcati cura il maggior numero di pazienti affetti da protoporfiria eritropoietica.
Esperti mondiali premiano il San Gallicano

Premio BiolcatiRoma, 16 luglio 2015 – È il solo trattamento che abbia cambiato in meglio la vita delle persone affette da protoporfiria eritropoietica, una malattia rara caratterizzata da una grave fotosensibilità. Un recente studio condotto dai centri per le Porfirie del San Gallicano e dell’Università di Zurigo, pubblicato sul British Journal of Dermatology, conferma che il farmaco afamelanotide, disponibile in Italia dal 2010, è un trattamento sicuro ed efficace anche quando il suo utilizzo è prolungato nel tempo.

Nel 2008 si era conclusa la sperimentazione mondiale di fase III del farmaco afamelanotide, è stato poi eseguito un follow-up su 173 pazienti: 120 seguiti presso l’Istituto San Gallicano e 53 presso il Centro per le Porfirie di Zurigo.

“Qualità di vita migliorata, alta adesione alla terapia e bassa percentuale di pazienti che ha sospeso la terapia”: queste le conclusioni al termine del periodo di osservazione.

Gianfranco Biolcati, Responsabile del Centro per le Porfirie e Malattie Metaboliche Ereditarie ISG è stato di recente premiato a Parigi in occasione dell’EPP (Protoporfiria Eritropoietica) Expert Meeting per aver contribuito con il maggior numero di pazienti al trial clinico sull’ afamelanotide.

Fino a qualche anno fa era impossibile prevenire i sintomi di fototossicità, vale a dire intolleranza totale alla luce del sole, se non con una vita al buio. Con l’introduzione del farmaco afamelanotide, pazienti affetti da Protoporfiria Eritropoietica (EPP) vivono finalmente alla luce. In più possono essere più tranquilli poiché il trattamento con afamelanotide è sicuro ed efficace anche a lungo termine, come dimostrano i dati pubblicati di recente.

L’afamelanotide è un farmaco pigmentante ed un potente antiossidante, in grado di prevenire i danni delle patologie fotoindotte. Viene somministrato ogni 60 giorni attraverso un impianto sottocutaneo bioriassorbibile.

“Abbiamo osservato per circa 8 anni 120 pazienti ambulatoriali che sono stati trattati con un totale di 1.023 impianti afamelanotide – spiega Gianfranco Biolcati – Di questi il 23% ha interrotto il trattamento per motivi contingenti, come ad esempio una gravidanza. Per il resto dei pazienti la qualità di vita, misurata tramite questionario EPP-specifico è aumentata fino a oltre il 70% dall’inizio del trattamento e durante tutto il periodo di follow-up”.

“Si tratta – precisa Aldo Di Carlo Direttore Scientifico dell’Istituto San Gallicano – di un trattamento innovativo in un campo, quello delle malattie rare, in cui raramente l’industria farmaceutica si impegna in finanziamenti e sperimentazioni lunghe e costose. I risultati del nostro lavoro sono un ottima premessa per nuovi studi e campi di applicazione.”

fonte: ufficio stampa

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