Obesità: i 10 consigli dell’ADI per dimagrire mangiando

ADI

 

frigorifero-ciboL’obesità è una patologia cronica, che richiede un approccio specialistico al paziente, sia diagnostico che terapeutico, che deve essere integrato e multidisciplinare.

Di seguito i 10 consigli dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica:

1. Controlla il tuo peso, vivi meglio. L’obesità è un rischio per la tua salute
L’eccesso di peso si associa ad un’aumentata mortalità nei due sessi. I rischi di mortalità sono correlati alla gravità dell’eccesso di peso: nel sovrappeso il rischio è lieve; nell’obesità manifesta il rischio è significativo e di grado maggiore se la distribuzione dell’adipe è centrale/viscerale un aumento del 10% oltre il peso ideale comporta un aumento della mortalità dell’11% nell’uomo e del 7% nella donna. La maggior quantità di grasso addominale si associa ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari, di diabete, di ipertensione, di ipercolesterolemia, di alcuni tipi di tumori

2. Vivi la città, mantieniti in forma. Metti in moto la salute
L’attività fisica è fondamentale quando si vuole perdere peso. Se non avete tempo di praticare regolarmente uno sport, potrete decidere di fare ogni giorno delle camminate di circa 30 minuti per la città. Il movimento, oltre a far perdere peso, aiuta a migliorare la forma fisica. Inoltre, un esercizio fisico costante è il modo migliore per evitare di recuperare i chili persi.

3. Controlla il peso, controlla l’etichetta. Sai quello che mangi?
L’etichetta di un prodotto alimentare è il biglietto da visita scelto dal produttore per presentarsi. Una buona etichetta, quindi, dovrà fornire tutta una serie di dati che ci consentano di conoscere la storia di ogni alimento. Leggi con attenzione le informazioni sul contenuto nutrizionale del prodotto che possono aiutarti ad effettuare delle scelte alimentari più salutari e consapevoli. Una buona alimentazione inizia nel momento in cui facciamo la spesa. Programmiamo meglio gli acquisti sulla base del nostro reale fabbisogno, comprando spesso e poco, di modo da avere a disposizione sempre materie prime fresche ed evitare gli sprechi.

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4. Riscopri la tradizione e vivi meglio. Il sapere antico, impariamo a nutrirci
La tradizione alimentare si è costruita attraverso i secoli grazie all’apporto successivo di ogni generazione che l’ha arricchita servendosi dei prodotti messi a disposizione dalla terra. La qualità e la genuinità del cibo vanno di pari passo con la tradizione consolidata nell’attività delle comunità locali, frutto d’esperienze millenarie. È dunque un bene da salvaguardare e da tramandare, imparando a godere della diversità delle ricette e dei sapori, a riconoscere la varietà dei luoghi di produzione, a rispettare i ritmi delle stagioni e del convivio. La rivalutazione della tradizione alimentare ha il merito di mantenere la ricchezza e la varietà di un patrimonio culturale e quello non indifferente di costruire un modo più sano di nutrirsi.
È innegabile che la società contemporanea fornisca un’ampia gamma di occasioni per consumare cibi e bevande. Si tratta di una forma di consumo facile che può condurre inavvertitamente al cosiddetto “iperconsumo passivo”, in cui i soggetti non si accorgono di mangiare prodotti ad alta densità energetica e in quantità eccessiva. Negli ultimi 50 anni tutto è cambiato. Soprattutto, si sono profondamente modificati i costumi e i comportamenti alimentari. Le eccedenze alimentari di alcuni prodotti hanno poi indotto strategie di marketing per aumentarne l’impiego con riduzione del consumo di cereali, frutta e vegetali. Inoltre il reddito e il potere di acquisto familiare influenzano i comportamenti alimentari. Gli alimenti più ricchi di zuccheri e addizionati di grassi sono spesso economici, palatabili e convenienti. Di qui nasce l’importanza di azioni educative che mirino a formare i cittadini a un consumo critico e consapevole che proponga gli strumenti e le risorse necessari per sviluppare una propria identità in campo alimentare in linea con i principi della sana alimentazione.

5. Non rimbalzare da una taglia all’altra. Fai centro, no allo yo-yo!
Ripetuti cicli di fluttuazione del peso corporeo (con oscillazioni superiori ai 2-3 kg) configurano una vera e propria sindrome (“weight cycling syndrome” o “sindrome dello yo-yo”). In particolare, sembra che il ripetersi di episodi di perdita e recupero di peso possa portare auna ridistribuzione del grasso corporeo, un accumulo di massa adiposa a scapito della massa magra e una diminuzione del metabolismo basale tali da rendere sempre più difficile il controllo del peso e favorire l’aggravarsi e il permanere dello stato di obesità. Studi recenti hanno evidenziato che le fluttuazioni del peso corporeo possono rappresentare un fattore di rischio per le malattie cardio-vascolari. Anche se vi sono alcune perplessità nel quantificare la reale consistenza di questo rischio, rimane comunque valida l’osservazione che il succedersi di tentativi di dietoterapia infruttuosi conduca all’aumento ponderale progressivo, anziché a una riduzione.

6. Ogni grande impresa inizia sempre con un primo passo. Obiettivo: rientrare nei jeans appena abbandonati!
Porsi obiettivi realistici è importante per non pretendere di voler perdere un eccessivo numero di chili. Ricordate che anche una piccola riduzione del contenuto di grasso corporeo può determinare una riduzione della morbilità e della mortalità. Inoltre non dovrete aver fretta di dimagrire, per potervi abituare gradualmente alle nuove abitudini alimentari.

7. Una vita più stretta ti allunga la vita
La circonferenza addominale è un parametro molto utilizzato per valutare il rischio cardiovascolare. L’accumulo di grasso in sede viscerale, nella parte interna dell’addome, rappresenta un fattore di rischio indipendente per le patologie cardiovascolari, per il diabete e per la mortalità in genere. In pratica, a parità di peso, avere la caratteristica pancetta si traduce in una minore speranza di vita. Valori, di circonferenza addominale superiori a 94 cm nell’uomo e a 80 cm nella donna sono indice di obesità viscerale e si associano ad un “rischio moderato”, superiori a 102 cm nell’uomo e ad 88 cm nella donna sono associati ad un “rischio accentuato”.

8. Non divieti ma scelte consapevoli. A tavola senza ingrassare
Non esistono cibi “buoni” o “cattivi”, come non esiste il cibo completo. Per ottenere il nutrimento che è necessario al nostro organismo per mantenersi e accrescersi dobbiamo utilizzare tutti i cibi con moderazione. Ogni cibo anche il più salutare se consumato in eccesso può diventare dannoso, dobbiamo ricordarci che è sempre possibile porre un limite a se stessi e non scadere nell’“abbuffata”.

9. Rimbocchiamoci le maniche. Insieme per vincere
L’obesità è ormai una patologia epidemica e gli interventi di prevenzione, fino ad ora, si sono dimostrati inefficaci perché basati sul paradigma della responsabilità personale. Questo concetto è stato espresso chiaramente da diversi autori. Il ruolo della responsabilità personale, che è centrale nel pensiero anglosassone e sta prendendo progressivamente piede nella nostra cultura, vede il successo come legato alla motivazione e al duro lavoro e l’insuccesso come un fallimento personale. In quest’ottica il soggetto ingrassa perché non rispetta le regole. Gli esperti sono concordi sul fatto che l’obesità è una condizione complessa che deriva dall’interazione di fattori genetici, psicologici e ambientali. È un’epidemia globale e per poterla gestire in modo adeguato è necessario concentrarsi anche e soprattutto sugli stili di vita e sull’ambiente che lo sviluppo industriale ha creato. Purtroppo nessun paese è ancora riuscito a invertire la tendenza verso un aumento di peso della popolazione; questo accade anche se le diverse nazioni mostrano una sempre maggiore consapevolezza della rilevanza del problema. Il rapido evolversi in senso negativo della situazione richiede soluzioni e interventi strutturali innovativi di politica sociale ed economica.

10. Facciamo insieme il primo passo
Ricordiamoci la dimensione del piacere. Per poter raggiungere e mantenere uno stile alimentare funzionale, servono una buona motivazione al cambiamento, la percezione di risultati positivi intermedi, il rinforzo dei familiari e delle altre persone del contesto sociale e la presenza di aspettative realistiche. Ma è importante anche non negarsi la dimensione del piacere. Se la dieta viene vissuta come punizione, sforzo o rinuncia, non verrà mantenuta nel tempo. È importante uno stile alimentare che assicuri una dose di piacere personale e sociale nell’atto alimentare, che eviti rigide prescrizioni uguali per tutti e che sappia recuperare la dimensione della convivialità rispetto ad un consumo triste e solitario di un cibo disponibile a qualunque ora del giorno.

fonte: ufficio stampa

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