Natalità e immigrazione: anche le donne immigrate fanno meno figli in Italia

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Roma, 18 luglio 2018 – Uno dei temi più discussi negli ultimi anni, legato al fenomeno dell’immigrazione, riguarda il tasso di natalità , che secondo alcuni sarebbe più alto nelle coppie di origine straniera che in quelle italiane.

Una ricerca, curata dall’Amsi-Associazione Medici di origine straniera in Italia, dal Movimento internazionale Uniti per Unire in collaborazione con il prof. Claudio Manna, fornisce altre interpretazioni grazie anche ai dati ISTAT più recenti sull’argomento. Infatti, secondo il prof. Claudio Manna, ginecologo ed esperto di infertilità, nonché docente a Tor Vergata delle tecniche di Fecondazione assistita ed esponente di Uniti per Unire, “bisogna valutare il quoziente di natalità (QN), ossia il numero dei nuovi nati per anno ogni mille residenti. Infatti, dal 2011 al 2016 il QN in Italia è sceso da 9 a 7,8”.

Il prof. Manna snocciola anche con precisione i numeri del tasso di fecondità, ossia il numero medio dei figli per le donne residenti in Italia in un anno. Dal 2011 al 2015 è sceso costantemente da 1,44 a 1,35. In particolare nel Lazio il tasso di fecondità totale nel 2015 è risultato pari a 1,32, cioè meno di quello nazionale. Nelle italiane, però, il numero di figli/donna è calato da 1,32 a 1,27 (-0,05) mentre nelle straniere è sceso da 2,36 a 1,94 (-0,42 ossia 10 volte di più).

Quindi l’opinione secondo la quale al tasso di natalità italiano contribuisca maggiormente la quota dei nati da coppie straniere non corrisponde a verità. Sarebbe interessante chiedersi il perché di questi decrementi specie nelle straniere.

Manna pone l’accento anche sull’annoso problema dell’infertilità che può contribuire alla denatalità nonostante le terapie più avanzate, in quanto “la necessità a volte di ripetere cicli di trattamento per la fecondazione assistita può comportare sentimenti di frustrazione, impotenza, sfiducia, fino anche ad una vera e propria depressione”.

Sempre secondo Manna “fondamentale è l’ascolto attento del medico specialista nell’infertilità per affrontare al meglio queste problematiche che possono danneggiare anche il rapporto di coppia. La statistica dell’infertilità a livello internazionale è compresa tra il 15 e il 20%, ma in Italia potrebbe essere maggiore, in quanto l’età della donna al primo figlio è di 31 anni, la più elevata in Europa. Infatti l’età della donna incide moltissimo sulla fertilità naturale e artificiale. L’inquinamento ambientale e lo stress sono altri fattori che possono abbassare molto la fertilità femminile e maschile.

La proposta di Amsi ed Uniti per Unire riguarda la prevenzione, da realizzarsi con una corretta informazione e ricerca sui fattori più rilevanti che influiscono su fertilità e sterilità, compreso l’aggiornamento e la collaborazione interprofessionale e interdisciplinare che deve indirizzare verso cure sempre più personalizzate e centri di sicura qualità.

Il Fondatore di Amsi e Uniti per Unire, prof. Foad Aodi Medico Fisiatra, esprime solidarietà agli immigrati e immigrate che soffrono o muoiono durante il tragitto della speranza nel mare, e annuncia la ricerca condotta dalle associazioni e comunità di origine straniera aderenti al Movimento Uniti per Unire, che conferma il fatto che anche le donne immigrate negli ultimi 10 anni fanno meno figli (meno di 2 per coppia), a causa delle crescenti difficoltà economiche, della disoccupazione e dell’aumento dei divorzi specie tra le coppie sposate tra connazionali del mondo arabo e Sud America.

“Anche la differente struttura sociale dell’Italia potrebbe influire su questo andamento – dichiara Aodi – dando più autorità, autonomia e coraggio alle donne di decidere il loro futuro sia nel matrimonio che sotto l’aspetto lavorativo. Le residenti in Italia, infatti, fanno figli in età più tardiva rispetto alle loro amiche e cugine dei loro paesi di origine che si sposano all’età di 19-24 anni e fanno 4 figli per coppia dimostrando minori problemi di fertilità”.

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