Lo stalking, quando amore e odio diventano ossessione

Stop Violence With WomenTelefonate inopportune, e-mail e messaggi offensivi, lesione di proprietà altrui, pedinamenti… stiamo parlando di stalking, termine inglese che significa letteralmente fare la posta a qualcuno, attraverso comportamenti che possono andare dalla sorveglianza costante alla ricerca continua di un contatto, e che normalmente portano lo stalker a concentrare una serie di attenzioni morbose nei confronti della propria vittima.

In Italia il reato di stalking è stato introdotto a seguito dell’approvazione del D.L. 23 febbraio 2009 n. 11, convertito con Legge 23 aprile 2009 n. 38, che ha visto l’inserimento nel codice penale dell’art. 612 bis rubricato “Atti persecutori”.

Abbiamo intervistato il colonnello Antonio Carideo, che ci descrive i contorni generali di questo tipo di reato, delineando i profili tipo dello stalker, e fornendo alcuni preziosi consigli per difendersi.

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Col. Antonio Carideo – Capo Ufficio Logistico presso la Legione Carabinieri Campania di Napoli

Colonnello Carideo, quali sono i comportamenti persecutori che rimandano allo stalking?
Gli atti persecutori, indicati gergalmente con la parola anglosassone “stalking” (letteralmente significa “fare la posta”), in termini psicologici sono un complesso fenomeno relazionale, indicato anche come sindrome del molestatore assillante e, seppur articolato in una moltitudine di dettagli, è tuttavia possibile descriverne i contorni generali.
I protagonisti principali sono: il persecutore o molestatore assillante (l’attore); la vittima; la relazione forzata e controllante che si stabilisce tra i due e finisce per condizionare il normale svolgimento della vita quotidiana della seconda, provocando un continuo stato di ansia e paura. La paura e la preoccupazione risultano, quindi, elementi fondanti e imprescindibili della “sindrome del molestatore assillante” per configurarla concretamente e darne la connotazione soggettiva che gli è propria.
I comportamenti persecutori sono definiti come “un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducono nella persona che le subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore”.
Quindi, non sono tanto le singole condotte ad essere considerate persecutorie, ma piuttosto è la modalità ripetuta nel tempo, contro la volontà della vittima, che riassume in sé il principale significato delle condotte persecutorie.
Lo stalking può presentare una durata variabile, da un paio di mesi fino a coprire un periodo lungo anche anni.

Chi è lo stalker?
Lo stalker è colui che mette in atto quell’insieme di condotte che possono essere sintetizzate, a titolo di esempio, nel seguire la vittima nei suoi movimenti per controllarla o meglio appostarsi alla sua vita.
Può essere un conoscente, un collega, un estraneo, oppure, nella maggior parte dei casi, un ex-partner. In genere gli stalker agiscono, in quest’ultimo contesto, per recuperare il rapporto precedente o vendicarsi per essere stati lasciati. Alcuni hanno semplicemente l’intento di stabilire una relazione sentimentale perché mostrano gravi difficoltà nell’instaurare un rapporto affettivo significativo. Altri, invece, possono soffrire di disturbi mentali che li inducono a credere con convinzione nell’esistenza di una relazione, che in realtà non c’è, o comunque nella possibilità di stabilirne una. Altri, ancora, molestano persone conosciute superficialmente o addirittura sconosciuti allo scopo di vendicarsi per qualche torto reale o presunto.
Il confine fra corteggiamento e stalking, all’inizio, può essere impercettibile, ma diventa significativo quando limita la “libertà morale” della vittima ponendola in una condizione di allerta per la paura di un pericolo imminente.
Il comportamento persecutorio non si realizza solo nell’alveo delle relazioni affettive e sentimentali, ma può riscontrarsi anche in altri contesti relazionali come gli ambiti lavorativi e quelli scolastici.
In ogni caso, per il molestatore la vittima non è più un soggetto, autonomo e dotato di diritti, ma diviene l’oggetto su cui investire i propri bisogni di riconoscimento e di attenzione. Secondo le storie personali, familiari e affettive di ognuno, e a prescindere dalle motivazioni poste alla base della nascita dell’ossessione, lo stalker in generale manifesta un’evidente problematica nell’area affettivo-emotiva, relazionale e comunicativa, che comunque non sempre corrisponde ad una precisa diagnosi nella sfera psichica.
L’evoluzione delle condotte persecutorie risulta nel tempo ambivalente: a momenti di apparente sottomissione e disperazione si alternano atti improntati all’odio e a un’aggressività manifesta.

È possibile tracciare un profilo tipo dello stalker?
A seguito dell’analisi dei profili psicologici di numerosi stalker, si è giunti ad individuarne alcune tipologie, distinte in base ai bisogni e desideri che spingono a stabilire una relazione, a connotazione ossessiva, che spesso esiste solo nella mente dell’attore, dove le caratteristiche del contesto socio-culturale dell’offendere in cui si verifica l’evento, sembrano influenzare in modo determinante il comportamento:

  • il risentito, si tratta di solito di un ex-partner che desidera vendicarsi per la rottura della relazione sentimentale causata, a suo avviso, da motivi ingiusti. Forte di questo risentimento, si sente spinto a ledere sia l’immagine della persona (per esempio, pubblicando sul web foto o immagini osé, oppure stampando volantini con frasi oscene per farli girare nell’ambiente di lavoro della vittima), sia la persona stessa (aspettandola fuori casa per farle delle scenate), sia danneggiando cose di proprietà (rigando, per esempio, la macchina o forandone le gomme);
  • il bisognoso d’affetto, ovvero quello motivato dalla ricerca di una relazione e di attenzioni che possono riguardare l’amicizia o l’amore. Questo tipo di stalker agisce soprattutto nell’ambito di rapporti professionali particolarmente stretti come quello tra il paziente e lo psicoterapeuta. In questi casi i molestatori fraintendono l’empatia e l’offerta di aiuto come segno di un interesse sentimentale;
  • più impulsivo ma meno resistente nel tempo è il corteggiatore incompetente, che manifesta una condotta basata su una scarsa abilità relazionale e si traduce in comportamenti opprimenti ed esplicitamente invadenti. Gli stalker di questo gruppo presentano una condotta persecutoria di solito di breve durata, desiderano corteggiare ma non lo sanno fare e finiscono per adottare atteggiamenti che possono risultare fastidiosi;
  • nella categoria degli ex-partner rientra anche il respinto, che manifesta comportamenti persecutori in reazione ad un rifiuto. Questo tipo di stalker è ambivalente perché oscilla tra due desideri contrapposti: da una parte desidera ristabilire la relazione mentre dall’altra vuole solo vendicarsi per l’abbandono subito;
  • infine, il predatore: è uno stalker che ambisce ad avere rapporti sessuali con una vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. La paura, infatti, eccita questo tipo di molestatore che prova un senso di potere nel pianificare la caccia alla “preda”. Questo genere di stalking può colpire anche bambini e può essere agito anche da persone con disturbi psicopatologici di tipo sessuale come pedofili o feticisti.

Chi sono generalmente le vittime dello stalking?
Di solito lo stalking vede come vittime – nella maggior parte delle volte – le donne, anche se non mancano casi inversi (il rapporto è di circa 3:1); uomini e donne che in oltre l’80% dei casi si conoscevano, o perché ex partner (il 50% di tutti i casi) o perché amici, o colleghi di lavoro. L’età delle vittime varia dai 14-16 anni fino all’età adulta, mentre il fenomeno sembra diminuire dopo i 50 anni.
Questi risultati si riferiscono chiaramente ai casi denunciati e non danno contezza completa della realtà del fenomeno perché prendono in considerazione solo la punta dell’iceberg ed escludono il cosiddetto “numero oscuro”.
La vita di una persona perseguitata cambia radicalmente fino a impregnarsi di paura per l’imprevedibilità di quello che potrebbe accadere. La vittima si sente costantemente controllata e “guardata a vista” e subisce continue umiliazioni per le scritte oscene lasciatele sotto casa, sulla macchina, o per il danneggiamento delle proprie cose. Tutto questo può provocare ansia, insonnia fino a sfociare in un vero e proprio disturbo post traumatico da stress, compromettendone l’attività lavorativa e le relazioni sociali.

Colonnello Carideo, quali consigli può dare a chi sospetta di essere oggetto di stalking?
Dal momento che non tutte le situazioni di stalking sono uguali, non è possibile generalizzare facilmente sulle modalità di difesa che devono essere adattate alle circostanze e alle diverse tipologie di persecutori. Si possono tuttavia dare dei suggerimenti in linea generale.
Tenete presente che prendere consapevolezza del problema è già un primo passo per risolverlo, mentre a volte si tende a sottovalutare il rischio e a non prendere le dovute precauzioni, come – per esempio – informarsi sull’argomento e adottare degli accorgimenti tesi a scoraggiare, fin dall’inizio, comportamenti di molestia assillante; ricordate che, in alcune circostanze, di fronte ad una relazione indesiderata, è necessario dire no in modo chiaro e fermo, evitando improvvisate interpretazioni psicologiche o tentativi di comprensione che potrebbero rinforzare i comportamenti persecutori dello stalker: la maggior parte delle ricerche ha rilevato che la strategia migliore sembra essere l’indifferenza. Infatti, sebbene per la vittima risulti difficile gestire lo stress senza reagire, è indubbio che lo stalker rinforza i suoi atti sia dai comportamenti di paura della vittima, sia da quelli reattivi ai sentimenti di rabbia.
Cercate di essere prudenti e quando uscite di casa evitate di seguire sempre gli stessi itinerari e di fermarvi in luoghi isolati e appartati.
In caso di molestie telefoniche, tentate di ottenere una seconda linea e utilizzate progressivamente solo quest’ultima; registrate le chiamate (anche quelle mute) e ricordate che per far questo è necessario, al momento della telefonata, rispondere e mantenere la linea per qualche secondo (senza parlare), in modo da consentire l’attivazione del sistema di registrazione dei tabulati telefonici.
Inoltre, vi suggerisco di tenere un diario per riportare e poter ricordare gli eventi più importanti che potrebbero risultare utili in caso di denuncia; raccogliete più dati possibili sui fastidi subiti, per esempio, conservate eventuali lettere o e-mail a contenuto offensivo o intimidatorio.
Infine, tenete sempre a portata di mano un cellulare per chiamare in caso di emergenza e se vi sentite seguiti o in pericolo, chiedete aiuto, chiamate il numero di pronto intervento 112 o rivolgetevi alla più vicina Stazione Carabinieri.

Dalila Beatrice

Dalila Beatrice

Ingegnere civile. Giornalista. Editore

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