I veri dimenticati della terra

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Nicoletta Cocco

Cosa succede se un figlio è malato di mente? Cosa succede se i genitori devono avere a che fare con un figlio schizofrenico, maniaco-depressivo, bipolare, imprevedibile, a volte violento, ingestibile perché appare assolutamente riottoso ad ogni regola sociale?
Cosa succede quando un congiunto in generale è colpito dalla malattia mentale con diagnosi di schizofrenia o di altra psicosi grave?

È qui che inizia la difficoltà del confronto con qualcosa di difficile da capire, con i pareri più diversi degli addetti ai lavori (farmaci vecchi e nuovi, psicoterapie di varie tendenze, prognosi nebulose, prese in carico difficili), con il peso maggiore che grava sulla famiglia, non in grado di reggerlo per varie ragioni: età avanzata, mancanza di risorse economiche, difficoltà di una reale presa di coscienza del problema.

È importante sottolineare che il malato di mente non fa del male ma sta male. E stanno male i suoi familiari.
La malattia, infatti, può segnare la vita dell’intera famiglia.
A differenza di altre patologie o di un handicap fisico, la malattia mentale non concede tregua, non consente una vita familiare degna di questo nome, poiché è molto distruttiva.

Bisogna quindi aiutare le famiglie, ma come? Prima di tutto con un’informazione semplice e alla portata di tutti: è importante formarle, istruirle e supportarle adeguatamente, preparandole a svolgere un compito che si presenta pieno di difficoltà, ricordando loro che esistono dei presidi sanitari di eccellenza, CSM (Centri di Salute Mentale), preposti alla presa in carico e cura di chi è affetto da disturbi psichici.

La famiglia è un grande contenitore di emozioni e i suoi componenti devono saper cogliere alcuni segnali: comportamenti strani, emozioni diverse dal solito, decadimento improvviso del rendimento scolastico o lavorativo. Quello è il momento in cui bisogna chiedere aiuto, prima che sia tardi.

Folle, solitamente, non lo si è, lo si diventa. Lo si diventa dietro la pressione (o l’oppressione) dei più diversi fattori individuali e sociali. Condizioni prolungate di carenze materiali e affettive, di isolamento esistenziale, di stress sociale, di mancanza di scopi e fini ragionevoli e gratificanti, minano duramente la struttura di ogni personalità e possono costituire vere e proprie sorgenti generative della follia in quei soggetti geneticamente più fragili.

Talvolta, anche le relazioni sbagliate nate sotto lo stesso tetto possono essere la causa o l’effetto di un disagio psichico.
E quando parliamo di disagio psichico, parliamo di un problema che non riguarda solo pochi sfortunati.

Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), infatti, 450 milioni di persone nel mondo soffrono di disturbi psichici, solo in Italia si registrano 6 milioni di casi all’anno. Dati, questi, di per sé già preoccupanti, ma destinanti a salire considerato che il numero delle persone malate è in realtà più ampio di quello effettivamente in terapia.

Un vero e proprio dramma nel dramma.
Il malato di mente è la persona più sola e disperata della terra. Alla sofferenza patita a causa della malattia, di uno stato mentale in cui la realtà e il sogno si mescolano in un caos ingestibile, si aggiunge il rifiuto palese e percepito di coloro che dovrebbero invece amarlo e proteggerlo. I malati di mente sono i veri dimenticati della terra.

L’incertezza verso il loro futuro è un tema dominante, tuttavia bisognerebbe imporre, valorizzare e sostenere una cultura della presa in carico del paziente, di una gestione della crisi capace di restituire significati alla storia di vita del malato e al suo mondo di relazioni.

Sarebbe opportuno limitare il ricovero e il massiccio ricorso ai farmaci, senza però dimenticare che proprio i farmaci, opportunamente dosati, oggi possono ridare dignità al malato, un senso alla sua vita, possono farlo ritornare una persona a pieno titolo, con diritti e doveri, inserita come gli altri nel contesto sociale.

Nicoletta Cocco

Nicoletta Cocco

Direttore responsabile insalutenews.it

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