Dieta mediterranea si conferma non plus ultra per il cuore

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ESC Congress 2016: benefici rilevanti per i cardiopatici. Frutta, verdura, pesce e noci sempre nel piatto

frigorifero-ciboRoma, 28 agosto 2016 – Che la dieta mediterranea fosse uno dei pilastri della prevenzione, della salute e della longevità era noto, ma pochi studi epidemiologici ancora avevano indagato il ruolo del modello alimentare mediterraneo nel pazienti con patologie cardiovascolari conclamate.

“Lo hanno fatto i ricercatori dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli – spiega Leonardo Bolognese, direttore Cardiologia ospedale di Arezzo e ESC Local Press Coordinator – nell’ambito del mega trial Moli-sani in un troncone della ricerca su 1.197 individui con una storia di malattia cardiaca arruolati nella popolazione generale (età media 67 anni, maschi nel 68% del campione). La storia clinica includeva patologie coronariche (n=814) ed eventi cerebrovascolari (n=387) e i dati sul regime alimentare è stato registrato con il ‘food frequency questionnaire’ di EPIC e l’aderenza alla dieta mediterranea è stata valutata con il Mediterranean Diet Score (MDS)”.

Al termine del periodo di follow up durato 7,5 anni si sono verificati 208 decessi ma confrontando i dati con la dieta è saltato agli occhi che un incremento di 2 punti nel MDS era associato ad una diminuzione del rischio di morte del 21% in media (con un picco del 34%) e la maggiore aderenza alla dieta sana, abbassava il rischio del 37%. E isolando i singoli elementi è stato possibile calcolare il ‘peso’ degli elementi protettivi: l’elevato apporto di vegetali influisce per il 26%, il pesce fornisce un beneficio del 23%, l’assunzione di frutta e noci contribuiscono per il 13,4% e un elevato apporto di acidi grassi monoinsaturi e saturi per il 12,9%.

Il modello di controllo teneva conto di età, sesso, introito calorico, assunzione di uova e patate, livello di educazione, attività fisica, rapporto vita-spalle, abitudine al fumo, ipertensione, livello di colesterolo, diabete e cancro.

L’evidenza è invece che gli anziani spesso si nutrono poco e male: secondo alcune stime sarebbero circa il 50% gli anziani over 65 che non si alimentano correttamente (dati SINUC rilevati in occasione di un ricovero ospedaliero). E la malnutrizione può essere pericolosa per la salute tanto quanto l’obesità: complicazioni e infezioni aumentano di tre volte. Si registra spesso uno scarso apporto di proteine per problemi di masticazione ed economici, gli stessi che fanno limitare l’apporto di frutta e verdura.

Eppure un recente studio americano condotto alla Tuft University presentato al congresso dell’American Heart Association ha suggerito che politiche di contenimento dei prezzi di alcuni alimenti potrebbe avere effetti diretti sulla salute pubblica con milioni di vite salvate. Il modello matematico sviluppato ha calcolato che anche solo una diminuzione del 10% del prezzo dei vegetali freschi ridurrebbe le morti per malattie cardiovascolari dell’1,2% in 5 anni e del 2% nei successivi cinque, con una diminuzione del 2,6% del numero di infarti. E se in percentuale sembra poca cosa basta tradurre in numeri assoluti: si tratta di evitare 515mila morti per malattie cardiache.

fonte: ufficio stampa

 

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