A un anno da un trauma cerebrale, torna a riconoscere la mamma grazie alla riabilitazione neurocognitiva

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Dopo un gravissimo incidente, la diagnosi per Giovanni, un bambino di tre anni, sembrava senza appello: tetraparesi spastica. Ma, con un mirata riabilitazione, è passato dallo stato vegetativo a riuscire a riconoscere il volto di sua madre. E non solo, oggi Giovanni orienta gli occhi, controlla la testa e ricerca il contatto fisico con le persone care. Dietro queste piccole grandi conquiste c’è il lavoro del Serafico di Assisi, centro di riabilitazione all’avanguardia, in particolare sugli studi sulla plasticità cerebrale

giovanni-serafico-assisiAssisi, 11 gennaio 2017 – Il cervello umano è capace di riprendersi da lesioni e traumi in modo sorprendente. Per questo Giovanni, un bambino di 3 anni, è tornato a riconoscere il volto di sua mamma a un anno da un trauma cranico che gli ha provocato un grave danno cerebrale. Non appena la vede, sorride. Un’azione semplice come un sorriso è una grandissima conquista per Giovanni.

A seguito dell’incidente, la diagnosi era impietosa: tetraparesi spastica; il suo quadro clinico era sovrapponibile ad uno stato vegetativo. Incapace di seguire con lo sguardo gli stimoli visivi e con la mancanza del controllo del capo, Giovanni accennava saltuariamente solo piccoli movimenti degli arti superiori non finalizzati; spesso dormiva e non era risvegliabile neanche se stimolato.

I suoi genitori erano disperati quando lo hanno portato al Serafico, centro di riabilitazione per disabili gravi, convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale per trattamenti riabilitativi residenziali, semiresidenziali ed ambulatoriali. Oggi le sue condizioni di salute restano gravi, ma i progressi in questi 12 mesi lasciano ben sperare e riempiono il cuore dei suoi genitori e di tutti gli operatori dell’Istituto di Assisi.

“Solo una mamma può capire cosa posso aver provato nell’attimo in cui mio figlio è tornato a riconoscermi. Non ci sono parole, certe emozioni si vivono e si conservano nel cuore per sempre – racconta la madre di Giovanni – La strada davanti a noi resta in salita e piena di curve, ma oggi la percorriamo con la consapevolezza di poterla percorrere senza paura”.

Oggi Giovanni è capace di seguire con gli occhi non solo lo sguardo della persona che ha davanti, ma, se stimolato verbalmente, gira anche la testa verso la fonte. Oltre alla ripresa della capacità di controllo del capo, riesce anche in movimenti finalizzati degli arti, sia quelli spontanei che quelli su richiesta, come quando ad esempio gli viene detto: dammi un abbraccio, dai un pugno o dai un calcio alla palla.

A questi progressi motori si accompagna anche un graduale miglioramento dello stato di coscienza, della capacità di riconoscimento delle voci, della modulazione delle emozioni e della capacità di ricercare il contatto delle persone. “Il sorriso di Giovanni alla mamma non è la risposta generica ad un’interazione sociale, in quel momento lui riconosce davanti a sé una persona significativa e manifesta la sua gioia con un sorriso”, spiega Miguel un educatore del Serafico.

Dietro queste conquiste c’è il lavoro riabilitativo-abilitativo-educativo che ha fatto registrare una graduale ripresa dello stato di coscienza, della capacità di riconoscimento delle voci e modulazione delle emozioni, della risposta motoria degli arti superiori verso oggetti e persone, di orientare gli occhi e controllare la testa (non ancora sincronizzati, ma entrambi presenti) e della capacità di ricercare il contatto delle persone con valenza affettivo-relazionale. Un cammino tutto in salita quello del piccolo Giovanni, che però ha trovato al Serafico un’equipe multidisciplinare capace di accompagnarlo e guidarlo in questo percorso.

“Al suo arrivo al centro, è stato delineato un progetto personalizzato, inizialmente incentrato soprattutto su un lavoro di maternage e stimolazioni corporee basali, finalizzate a favorire la relazione terapeutica e l’interazione con l’ambiente – dichiara Sandro Elisei, Direttore sanitario del Serafico – Successivamente sono stati attivati percorsi riabilitativi-abilitativi quotidiani dell’area motoria per il potenziamento, in particolare, delle abilità oculo motorie di base, dell’attenzione visiva, dell’inseguimento dello sguardo e dell’orientamento del capo verso l’oggetto proposto”.

Contemporaneamente Giovanni ha seguito percorsi dell’area sensoriale con pluristimolazioni corporee con il metodo Snoezelen strutturate sia per incrementare l’attività motoria spontanea, sia per evocare stimoli propriocettivi per la percezione del corpo. Un ruolo fondamentale lo ha avuto anche l’introduzione di un percorso di musicoterapia, quale mediatore e facilitatore di risposte motorie spontanee.

Neuroplasticità e riabilitazione, ecco come si spiegano i successi di Giovanni
Negli ultimi secoli la medicina ha considerato il cervello come un organo immutabile e incapace di guarire. Le malattie neurologiche e degenerative erano viste come una condanna senza appello per il malato, i trattamenti farmacologici e riabilitativi poco efficaci o inutili. Ma la visione introdotta dalla neuroplasticità, ossia la capacità del cervello di modificare la propria struttura e il proprio funzionamento, ha aperto la strada a possibilità terapeutiche rivoluzionarie.

Nessuna falsa speranza, la storia di Giovanni e di tante altre persone, oltre a numerosi studi e ricerche scientifiche, dimostrano come il cervello non sia una scatola impenetrabile, ma un organo in grado di connettersi al mondo esterno tramite i sensi e, spesso, sono proprio questi i canali sfruttati per intervenire in modo non invasivo e del tutto sicuro sulle strutture neuronali, così da recuperarne la funzione.

In concreto, se un evento (un trauma, un ictus, un’infezione ecc.) causa una lesione ad un’area cerebrale, altri neuroni cercano di attivarsi per vicariare la funzione persa. La neuroplasticità ha cambiato radicalmente l’approccio riabilitativo: non più concentrato solo sul deficit del paziente, ma anche alla ricerca di percorsi che interessano aree cerebrali sane o quiescenti e di tutte quelle capacità che possono favorire il miglioramento di una funzione compromessa o la guarigione.

“L’approccio neuroplastico riprende l’antica eredità lasciata da Ippocrate e ci richiama alla consapevolezza che ogni percorso riabilitativo e di cura della persona, richiede il coinvolgimento attivo del paziente nella sua totalità: mente, cervello, corpo e ambiente – osserva Sandro Elisei, Direttore sanitario del Serafico – L’aspetto più stupefacente, al di là delle tecniche, è che oggi abbiamo la possibilità di dimostrare il modo in cui si è evoluto il cervello, maturando sofisticate capacità neuroplastiche in grado di guidare un processo unico di crescita e guarigione”.

L’esercizio fisico e mentale e le stimolazioni neurosensoriali rappresentano due elementi centrali nei percorsi riabilitativi e nei processi di guarigione neuroplastica. Le moderne tecniche di neuroimaging funzionali, infatti, mettono in evidenza come l’attività mentale non sia solo il prodotto del cervello, ma a sua volta un’attività che plasma il cervello: in questo senso, la neuroplasticità restituisce alla mente il suo ruolo nella medicina moderna e nella vita umana. Il ricorso a stimolazioni sensoriali, ricevute in varie forme fra cui il suono, la vibrazione, la luce, l’elettricità e il movimento, forniscono canali naturali e non invasivi che passano attraverso i sensi o il corpo per riattivare le capacità del cervello di guarire.

“Siamo consapevoli che l’innovazione nel campo della riabilitazione e la ricerca ad essa collegata rappresentino oggi una grande sfida – dichiara Francesca Di Maolo, presidente del Serafico – L’incontro tra le problematiche cliniche e le recenti conoscenze scientifiche della neuroplasticità stanno già ispirando le future soluzioni innovative, che dovranno essere indirizzate a migliorare la qualità dell’assistenza e delle nostre prassi quotidiane nel difficile compito di prendersi cura della persona”.

fonte: ufficio stampa

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